13.4
Prestazioni della trasmissione FM
Quando si è analizzata la tecnica di modulazione
fm, si è fatta più volte notare la sua
natura
non lineare (pag.
1↑).
E’ lecito aspettarsi che questa caratteristica determini dei risvolti
“bizzarri” per quanto riguarda l’
SNR
del segnale demodulato, e difatti è proprio così. In particolare, nel
caso in cui la potenza del rumore in ingresso al ricevitore non sia
eccessiva, avviene che:
- la potenza del rumore dopo demodulazione diminuisce
all’aumentare della potenza ricevuta;
- l’SNR dopo demodulazione migliora
all’aumentare della banda occupata.
Nel seguito sviluppiamo l’analisi che porta a
questi risultati, valutando prima ciò che accade nella ricezione di una
portante non modulata, e quindi discutendo come lo scenario si modifica
in presenza di segnale. Infine, illustriamo i motivi che determinano il
rapido degrado di prestazioni nel caso di rumore elevato.
13.4.1
Rumore dopo demodulazione FM↓
Analizziamo innanzitutto il comportamento di un demodulatore
a
discriminatore↓,
quando in ingresso è presente una portante
non modulata di
ampiezza
A
= √(2 Px) sovrapposta ad un rumore
gaussiano bianco limitato in banda:
r(t) = Acosω0t
+ νc(t)cosω0t − νs(t)sinω0t
A differenza del caso
am, ora il
filtro
HR(f) deve lasciar passare una banda di
frequenze di estensione almeno pari alla banda che sarebbe occupata se
la portate fosse modulata
fm, e
stimata applicando ad esempio la
regola di Carson (eq.
11.31↑), ossia
BC≃2W(β + 1).
E’ allora immediato verificare come nel caso di portante non modulata le
componenti analogiche di bassa frequenza di
r(t) = rc(t) + jrs(t)
valgono
⎧⎨⎩ rc(t)
=
A + νc(t)
rs(t)
=
νs(t)
come illustrato in figura. Notiamo quindi che, per piccoli valori
(rispetto ad
A) di
νc(t)
e
νs(t), l’inviluppo complesso ricevuto
r(t) rimane
prossimo a quello (
A) della portante non modulata. Come
noto,
νc(t) e
νs(t)
appartengono a due processi congiuntamente gaussiani, a media nulla e
deviazione standard
σνc
= σνs = √(N0BN), in cui
BN
≥ BRF è la banda di rumore del
ricevitore, ed
N0 ⁄ 2 è
la densità di potenza del rumore in ingresso.
Ricordiamo ora che nel caso
fm
il
segnale informativo è legato alla
derivata della fase
θ(t): esprimiamo dunque
r(t)
mettendo
θ(t) in evidenza:
r(t) = ℜ{r(t)ejω0t} = ℜ{|r(t)|ejθ(t)ejω0t} = |r(t)|cos(ω0t
+ θ(t))
Osserviamo quindi che il termine
|r(t)| viene rimosso dal limitatore (vedi
§
10.3.1.2↑)
che usualmente è anteposto al discriminatore. Il segnale
y(t)
in uscita dal derivatore è quindi dato da
y(t) = ⎛⎝(f0)/(kf) + (1)/(2πkf)(d)/(dt)θ(t)⎞⎠sin(ω0t + θ(t))
che viene a sua volta elaborato da parte del demodulatore di inviluppo
come fosse un segnale
bld-pi, fornendo
in definitiva un segnale demodulato
13.4.2
Caso di basso rumore
Se
Px
= (A2)/(2)≫σ2νc
= σ2νs
= N0BN allora, come
osservato, l’inviluppo complesso del rumore ha modulo
abbastanza
più piccolo di
A. Pertanto si può
scrivere
θ(t) = arctan(νs(t))/(A + νc(t))≃arctan(νs(t))/(A)≃(νs(t))/(A)
e dunque
Ricordiamo ora (vedi §
3.7↑)
che l’operazione di derivata (svolta dal discriminatore) equivale a
moltiplicare lo spettro di ampiezza del segnale che si deriva per
j2πf, ovvero moltiplicare
la sua densità di potenza per
(2πf)2: applicando questo
risultato alla densità di potenza di
(16.10↑)
e tenendo poi conto della
(16.11↑),
si ottiene che la densità
↓
di potenza dopo demodulazione (dovuta al solo rumore sovrapposto alla
portante non modulata) risulta pari a
Pνd(f) = (1)/((2πkf)2)(2πf)2 Pθ(f) = ⎛⎝(f)/(kf)⎞⎠2(N0)/(A2) = (N0)/((kfA)2)f2
Infine, troviamo che la potenza totale di rumore dopo demodulazione
risulta pari a
in cui
W è la banda del segnale
modulante (se ci fosse), ed il rumore è limitato in tale banda in virtù
del filtro passa basso posto a valle del discriminatore. Si noti che
invece le potenze
σ2νc
e
σ2νs
sono relative alla banda
BN,
legata a quella del segnale modulato.
Notiamo subito la veridicità della prima
affermazione fatta ad inizio sezione: la potenza complessiva del
rumore dopo demodulazione fm diminuisce
all’aumentare della potenza del segnale ricevuto Px = (A2)/(2). Una seconda osservazione
molto importante è che, per effetto della derivata, la densità di
potenza del rumore demodulato ha un andamento parabolico.
Continuando ad ipotizzare
Px
= (A2)/(2)≫σ2νc
= σ2νs
= N0BN possiamo
osservare che, in presenza di una fase modulante
α(t),
la fase
φ(t) dell’inviluppo complesso del segnale
ricevuto
r(t) è costituita dalla somma di
α(t)
con l’angolo
θ(t) dovuto al rumore sovrapposto alla
portante di ampiezza
A.
Pertanto
all’uscita del discriminatore si ottiene
d(t) = (1)/(2πkf)(d)/(dt)(α(t) + θ(t))
Il rapporto
SNR↓
è ora definito come
SNR = (Pd)/(Pνd), in cui
Pνd
è la potenza del rumore demodulato, calcolata alla (
16.12↑), e
Pd è la potenza
di segnale utile demodulato, pari a
d(t) = (1)/(2πkf)(d)/(dt)α(t).
Sappiamo che
α(t) = 2πkf∫t − ∞m(τ)dτ,
e pertanto la potenza di segnale utile demodulato risulta proprio pari a
Pd
= Pm = ∫W − WPm(f)df.
Quindi:
SNR = (Pd)/(Pνd) = (Pm)/((2)/(3)(N0)/((kfA)2)W3) = 3(
Pmk2f)/(W2N0W)(A2)/(2)
= 3(σ2fd)/(W2)( Px)/(N0W) = 3β2SNR0
Il risultato ottenuto conferma la seconda affermazione di inizio
sezione: si ha un
miglioramento rispetto all’
SNR
di riferimento SNR0
(e dunque rispetto all’
am)
tanto
maggiore quanto più è grande l’indice di modulazione
β,
ovvero
quanto maggiore è la banda occupata dal segnale modulato
(vedi eq.
(11.31↑)
a pag.
1↑).
Innanzi tutto osserviamo che
(A2)/(2) = Px
(la potenza ricevuta non cambia, ed è sempre uguale a quella della
portante non modulata) e che
(Px)/(N0W) = SNR0,
ovvero il rapporto tra potenza ricevuta e potenza di rumore
nella
banda del messaggio. Per mostrare che
Pmk2f
= σ2fd,
indichiamo con
fd(t) = fi(t) − f0
la
deviazione della frequenza
↓
istantanea
fi(t) rispetto ad
f0,
ovvero la differenza tra la derivata della fase istantanea diviso
2π, e la frequenza portante:
fd(t) = (1)/(2π)(d)/(dt)(2πf0t
+ 2πkft⌠⌡
− ∞m(τ)dτ)
− f0 = (f0
+ kfm(t)) − f0
= kfm(t)
Pertanto si ha
σ2fd
= k2fσ2m
= k2fPm se
m(t)
è a media nulla: praticamente,
σfd
rappresenta la deviazione standard della frequenza istantanea, e per
questo è una grandezza rappresentativa della larghezza di banda del
segnale modulato. Infine, il rapporto
(σfd)/(W) = β è identificato
con l’indice di modulazione
↓ β, in quanto rappresenta appunto una
misura del rapporto tra l’occupazione di banda del segnale modulato, e
la massima frequenza
W presente
nel segnale modulante.
Discussione
del risultato
SNR = 3β2SNR0.
Notiamo innanzitutto che se β < (1)/(√(3))≃0, 58 non si ha
miglioramento, anzi si peggiora. Ma con bassi indici di modulazione
abbiamo già visto che fm ha un
comportamento che può avvicinarsi a quello lineare dell’am,
e dunque ci possiamo non-sorprendere. D’altra parte, SNR
può migliorare (e di molto) con β > (1)/(√(3)): ad esempio, se β
= 5 ⇒ 3β2 = 75 volte meglio, ovvero 17,75
dB di miglioramento! In compenso, la regola di Carson ci dice che la
banda occupata aumenta di circa 2(β
+ 1) = 12 volte quella di banda
base... dunque il miglioramento di SNR avviene a spese
dell’occupazione di banda.
Ma ad esempio, non è una cosa tanto grave nel caso di trasmissioni via
satellite, in quanto c’è riuso di frequenze in diversità di spazio.
Potrebbe ora sembrare che si possa aumentare
indefinitamente β (nei limiti
della banda disponibile) per migliorare a piacere l’SNR.
In realtà non è così, dato che ad un certo punto l’analisi effettuata perde
validità. Questo accade perché se β
è troppo elevato, occorre che la banda di rumore del ricevitore sia più
ampia (essendo aumentata la banda del segnale modulato) e perciò non si
verifica più che Px
= (A2)/(2)≫σ2νc
= σ2νs
= N0BN. Le
conseguenze di questo fatto sono illustrate alla sottosezione
successiva.
Esercizio
-
Sia
dato un trasmettitore FM con potenza trasmessa 1 Watt e segnale
modulante m(t) con banda ±B
= ±10 MHz. Un collegamento con attenuazione disponibile
Ad = 100
dB lo interfaccia ad un ricevitore con temperatura di sistema Tei = 2900 oK. Desiderando un
SNR = 40 dB, calcolare:
1) Il fattore di rumore del
ricevitore in dB;
2) Il minimo valore dell’indice di
modulazione e la banda occupata a radiofrequenza BRF;
3) Se il valore di β
trovato in 2) non sia troppo piccolo, e quale sia il suo massimo
valore;
4) Il nuovo valore β’,
volendo dotare il collegamento di un margine pari a 25 dB.
Soluzione
-
1) Questa domanda va affrontata
dopo lo studio del capitolo ↓, dove è mostrato che Tei
= T0(F − 1) + Tg = T0F
se Tg = T0;
assumiamo quest’ipotesi per vera e dunque F
= (Tei)/(T0) = 10; pertanto FdB = 10 dB.
Per proseguire l’esercizio con le nozioni fin qui acquisite,
esplicitiamo che Pn(f)
= (N0)/(2) = (1)/(2)kTei
= (1)/(2)⋅1.38⋅10 − 23⋅2900≃2⋅10
− 20 Watt/Hz.
2) SNR
= 3β2SNR0 = 3β2(WR)/(N0W) = 3β2(WTGd)/(N0B); il valore
numerico di SNR risulta 10(SNRdB)/(10) = 104,
mentre quello di Ad
è 10(Ad(dB))/(10)
= 1010 e quindi Gd
= 1 ⁄ Ad = 10 − 10.
Sostituendo i valori, ed invertendo la relazione, si ottiene βmin = √((SNR⋅N0B)/(3⋅WTGd))
= √((104⋅4⋅10 − 20⋅107)/(3⋅10
− 10)) = 3.65. Applicando
la regola di Carson per la banda: BRF≃2B⋅(β + 1)
= 2⋅107⋅4.65 = 9.3⋅107 = 93 MHz.
3) Perché l’analisi svolta abbia
valore, deve risultare WR≫σ2nc
= σ2ns =
N0BN = N0BRF
= 4⋅10 − 20⋅9.3⋅107 = 3.72⋅10 − 12
Watt, ma poiché WR
= (WT)/(Ad) = (1)/(1010) = 10 − 10,
si ha (WR)/(σ2nc) = (10
− 10)/(3.72⋅10 − 12)
= 26. Il valore di 26 soddisfa quindi pienamente
l’esigenza di grande segnale. Per trovare βMax,
scriviamo allora βMax
⇒ WR = 10⋅σ2nc
= 10⋅N0⋅BRF = 10⋅N0⋅2B⋅(βMax + 1), e dunque βMax
= (WR)/(10⋅N0⋅2B) − 1 = (10
− 10)/(8⋅10 − 12)
− 1 = 12.5 − 1 = 11.5, a cui corrisponde una banda BRF = 2B⋅(βMax + 1) = 2⋅107⋅12.5 = 250
MHZ, ed un guadagno di SNR = 10lg103β2Max≃26
dB, mentre con βmin
nominale si sarebbe ottenuto 10lg10(3⋅3.652)
= 16 dB.
4) Il concetto di margine è
introdotto al § 16.1↓; un margine di
25 dB equivale a far fronte ad una attenuazione supplementare Ad’ = 102.5
= 316 volte. Proviamo ad ottenere lo stesso SNR
con un nuovo valore β’: SNR = 104 = 3β’2(WTGdGd’)/(N0B) = 3β2(WTGd)/(N0B)(β’2)/(β2)Gd’;
dunque deve risultare (β’2)/(β2)Gd’
= 1 e quindi β’2
= β2√((1)/(Gd’))
= 3.65√(316)
= 3.65⋅17.7 = 64.88 .... non ce la facciamo. Infatti, al
più (con β = βMax
= 11.5) si ha un margine di 10 dB.
13.4.3
Caso di elevato rumore
Qualora il valore efficace del rumore in ingresso al discriminatore sia
confrontabile con quello del segnale utile ricevuto, si verifica un
effetto
soglia↓
all’aumentare del rumore, e l’
SNR
degrada molto rapidamente.
Per indagarne le cause facciamo riferimento allo
schema a lato, che mostra l’inviluppo complesso della portante non
modulata A, del rumore in ingresso
ν(t), e del segnale ricevuto r(t),
notando che se i valori efficaci dei primi due sono comparabili, può
verificarsi il caso che r(t) ruoti attorno all’origine.
Quando ciò si verifica, a valle del derivatore che
è presente nel discriminatore si determina un
click, ovvero un
segnale impulsivo di area pari a
2π,
come illustrato nella figura seguente.
Questo fatto è facilmente verificabile, ascoltando una radio
fm
broadcast, che in condizioni di cattiva ricezione manifesta la comparsa
di un rumore, appunto, impulsivo.
All’aumentare della potenza di rumore, aumenta la
frequenza con la quale r(t) “aggira” l’origine, e pertanto
aumenta la frequenza dei click, che tendono a produrre un
crepitìo indistinto. Si è trovato che questo effetto si manifesta a
partire da un SNR di ingresso pari
a 10 dB, e per SNR peggiori di
tale valore l’effetto aumenta molto rapidamente, cosicché si parla di effetto
soglia.
Nel grafico a lato è riportato un tipico andamento
dell’
SNR dopo demodulazione, con
l’indice di modulazione
β che
svolge il ruolo di parametro, e
possiamo osservare come con un
SNR
di ingresso inferiore alla soglia, le prestazioni degradino rapidamente.
Si è trovato che demodulando con un PLL, anziché con un discriminatore,
la soglia si riduce a circa 7 dB.
Nella pratica comune il segnale di rumore può
essere costituito da una interferenza dovuta ad una emittente
adiacente (ossia con una portante prossima alla nostra) che sovramodula,
ovvero adotta un indice di modulazione troppo elevato, ed invade la
banda delle emittenti contigue.
13.4.4
Enfasi e de-enfasi↓
Abbiamo osservato che, in presenza di rumore
bianco in ingresso, il rumore dopo demodulazione ha un andamento
parabolico. Questo comporta che, se il messaggio modulante m(t)
avesse un Pm(f)
a sua volta bianco, l’SNR(f) alle frequenze più elevate sarebbe
molto peggiore, rispetto al suo valore per frequenze inferiori. Nella
pratica, si possono verificare (ad esempio) i seguenti problemi:
- Nelle trasmissioni fdm-fm (vedi
§ 9.1.1.2↑), in cui più canali vengono modulati am-blu, multiplati in frequenza, e
ri-modulati congiuntamente in fm a
basso indice, i canali agli estremi della banda fdm
sono più rumorosi;
- nell’fm commerciale (vedi § 20.2↓), il segnale modulante
è molto più ricco di energia alle basse frequenze, dunque il problema
del rumore elevato in alta frequenza è aggravato dal “basso segnale”.
Il rimedio a tutto ciò consiste nel modificare m(t)
mediante un circuito detto di enfasi, in modo tale che anch’esso
presenti uno spettro “parabolico”, e poi aggiungere una rete di de-enfasi
in ricezione (praticamente un integratore, ovvero un passa-basso) tale
da ripristinare l’originale sagoma spettrale del segnale e rendere la
densità di potenza del rumore nuovamente uniforme.
Con un pò di riflessione, ci si accorge che l’uso
di una coppia enfasi-deenfasi equivale ad effettuare una trasmissione
pm (vedi pag.
1↑)
! In realtà, la rete di enfasi non è un derivatore perfetto (altrimenti
annullerebbe le componenti del segnale a frequenza prossima allo zero),
ed esalta le frequenze solo se queste sono maggiori di un valore minimo.
Pertanto, si realizza un metodo di modulazione “misto”,
fm
in bassa frequenza e
pm a frequenze
(di messaggio) più elevate.