1.5 Classi di segnale ed operazioni relative
Al §
1.2 è stata illustrata una tassonomia dei segnali distinguendoli sulla base del dominio di definizione (continuo o discreto) e dei valori assunti (continui o discreti). Volendo procedere per gradi, iniziamo a discutere dei segnali analogici
s(t), continui sia per quanto riguarda il tempo che per le ampiezze, e che essendo nient’altro che funzioni di una variabile temporale, possono essere caratterizzati utilizzando gli strumenti noti dai corsi di analisi matematica, almeno nel caso in cui se ne conosca l’espressione analitica. D’altra parte i segnali che tratteremo, proprio per la loro natura di trasportare informazione, spesso non sono noti a priori ma definiti solo in termini statistici: vedi ad esempio la fig.
1.9 che riporta un frammento di segnale vocale, ed un tracciato
ecg. In tal caso i calcoli che stiamo per illustrare individuano condizioni che possono essere verificate solo per via numerica , a partire da
esempi dei segnali stessi.
Al §
1.2.1 sono stati definiti
segnali analogici anche le immagini ed le funzioni a valore complesso, ma per ora restringiamo l’attenzione al caso di segnali di
variabile reale ed a
valori reali, ovvero di semplici
funzioni del tempo s(t). Inoltre, ci aspettiamo che in generale i segnali di interesse
non possano avere asintoti verticali, dato che i circuiti elettrici operano su tensioni e correnti di valore finito; per lo stesso motivo,
escludiamo i segnali che divengono
illimitati per
t → ∞.
Se osserviamo un segnale per un intervallo di tempo finito
τ, per convenzione centrato attorno a
t = 0, definiamo
media temporale su
τ il valore
sτ = 1τ ∫τ⁄2 − τ⁄2s(t)dt e, facendo tendere
τ ad infinito, si ottiene il suo
valore medio s come
s = limτ → ∞ 1τ τ⁄2⌠⌡ − τ⁄2s(t)dt
che si esprime nella stessa unità di misura di
s(t), visto che la somma integrale moltiplica per un tempo, per il quale viene nuovamente diviso attraverso il fattore
1⁄τ.
Il valore medio s è detto anche componente continua, ed un qualunque segnale può essere decomposto come s(t) = s0(t) + s in cui s0(t) è a media nulla. Se s(t) è un segnale costante pari ad A, allora s = A ed il termine s0(t) è nullo. In figura, una cosinusoide a valor medio 0.5.
Ogni segnale può essere decomposto nella somma dei due termini
s(t) = sp(t) + sd(t)
in cui
sp(t) e
sd(t) individuano rispettivamente la sua parte
pari e
dispari rispetto all’istante
t = 0, potendo scrivere
sp(t) = sp(−t) e
sd(t) = − sd(−t) . Un segnale può essere anche solamente pari, o solamente dispari, come rappresentato in figura; notiamo che necessariamente un segnale dispari ha valor medio nullo.
Individua la condizione per cui
s(t) = 0 per
t < 0, mentre nel caso opposto (
s(t) = 0 per
t > 0) il segnale è detto
anticausale. Qualora risulti
s(t) ≠ 0 sia per
t < 0 che per
t > 0 il segnale è detto
noncausale.
In questo caso il segnale si ripete ciclicamente uguale a se stesso,
ed il minimo intervallo temporale
T che intercorre tra due copie prende il nome di
periodo, potendo scrivere
s(t) = s(t + T)
Il valor medio di un segnale periodico può essere calcolato come
s = 1T ∫T⁄2 − T⁄2s(t)dt, od anche
s = 1T ∫a + Tas(t)dt per qualsiasi scelta di
a. Al §
2.2 vedremo come un segnale periodico possa essere rappresentato mediante la somma pesata di infiniti termini del tipo
cos⎛⎝2πnTt + φn⎞⎠ con
n = 0, 1, ⋯∞. Un segnale
non periodico è detto
aperiodico.
Non resta ora che distinguere tra i segnali che si mantengono diversi da zero per t → ∞ () da quelli che invece tendono a zero. Iniziamo dai primi.
In fisica la
potenza P (espressa in
Watt ovvero
joule⁄sec) è definita come lavoro per unità di tempo, la
tensione V (o potenziale elettrico) come lavoro per unità di carica, e la
corrente ℐ come carica per unità di tempo. Da un punto di vista dimensionale possiamo dunque scrivere
P = V ⋅ I. Infatti, un circuito sottoposto ad una tensione
v(t) ed in cui scorre una corrente
i(t) assorbe una
potenza
istantanea p(t) = v(t) ⋅ i(t) Watt; se poi il circuito consiste in un resistore
R, i valori di
v(t) ed
i(t) sono legati dalla legge di Ohm
i(t) = v(t)⁄R e dunque
p(t) = v2(t)⁄R; scegliendo infine
R = 1Ω si ottiene
p(t) = v2(t).
La dipendenza dal tempo per la potenza
p(t) scompare qualora
v(t) sia pari ad una costante
A, ed in tal caso possiamo scrivere che la
potenza Pv del segnale
v(t) = A risulta
Pv = A2. Se invece
v(t) varia nel tempo, se ne può valutare la potenza
media assorbita in un intervallo
T come valore medio
P T = 1T ∫T⁄2 − T⁄2v2(t)dt, e per
T → ∞ otteniamo la definizione di potenza di un generico segnale
s(t) come
applicabile anche al caso di segnali
complessi scrivendo
|s(t)|2 = s(t) ⋅ s*(t) in cui
s*(t) indica il
coniugato di
s(t).
Esercizio Calcoliamo la potenza del segnale periodico
x(t) = Acos(2πf0t). In questo caso il valore medio può ottenersi limitando l’integrale ad un solo periodo
T = 1⁄f0, e la
(1.1) diviene
Px = 1T ∫T⁄2 − T⁄2[Acos(2πf0t)]2dt = A22T ∫T⁄2 − T⁄2[1 + cos(4πf0t)]dt = A22T ∫T⁄2 − T⁄2dt = A22
in cui si è applicata la relazione
cos2α = 1⁄2(1 + cos2α), e si è sfruttato il fatto che l’intervallo
T di integrazione copre
esattamente due periodi di
cos(4πf0t), dando luogo ad un valor medio nullo.
Valore efficace E’ definito come la radice quadrata della potenza
Ps di un segnale ovvero
seff = √Ps, e rappresenta il valore di un segnale
costante con la stessa potenza di
s(t); è noto anche come
valore quadratico medio o
rms (
root mean square). Per una sinusoide di ampiezza
A risulta quindi
seff = A⁄√2 ≃ 0.707 ⋅ A.
Se il segnale tende a zero per
t → ∞, al crescere di
T il suo integrale
∫T⁄2 − T⁄2|s(t)|2 aumenta
più lentamente di quanto non faccia
T, e dunque il valore della potenza calcolato mediante la
(1.1) risulta nullo, ovvero il segnale
non è di potenza, e invece è un...
Riprendiamo la citazione della fisica per cui la potenza è un lavoro per unità di tempo, e ricordiamo che il lavoro è definito come una variazione di energia. Definiamo dunque un segnale (reale o complesso)
s(t) di energia Es quando è diversa da zero la quantità
indicata appunto come energia del segnale. Un paio di esempi di segnale di energia sono riportati in fig.
1.15. L’insieme di tutti i possibili segnali di energia costituisce uno
spazio vettoriale indicato in matematica come spazio
L2, e gode di particolari proprietà che approfondiremo più avanti.
E’ un segnale che tende a zero più velocemente di
1t, ovvero per il quale
∞⌠⌡ −∞|s(t)|dt < ∞
E’ il caso delle funzioni
assolutamente sommabili, per le quali appunto
|s(t)| tende a zero più velocemente di
1t, e che dunque sono anche di energia.
Segnale a durata limitata
Risulta identicamente nullo per
t al di fuori di un intervallo finito
[t1, t2], come esemplificato in fig.
1.16, e dato che per esso la
(1.2) da un risultato finito, è anche di energia.
- Un segnale impulsivo è di energia;
- Un segnale a durata limitata è impulsivo, e di energia;
- Un segnale periodico non è di energia, ma di potenza;
Vedi anche la rappresentazione insiemistica di fig.
1.17.
1.5.1 Spettro di segnale
Come anticipato al §
1.2.1.1, una caratteristica fondamentale dei segnali è quella di poterli descrivere nei termini del
contenuto spettrale che compete a ciascuno di essi, ovvero come la potenza (o energia) complessiva sia distribuita su di un insieme di
frequenze. La frequenza è l’inverso di un tempo, e rappresenta
quanto spesso avviene una circostanza; i segnali sinusoidali sono gli unici a contenere
una sola frequenza, pari all’inverso del loro periodo.
Esempio Ad una sinusoide di periodo 50 msec corrisponde una frequenza di 1⁄0.05 = 20 cicli⁄secondo e si esprime come sin(2πf0t) con f0 = 20 Hertz (Hz).
Un qualunque altro segnale è composto da più di una frequenza, il cui insieme è detto
spettro del segnale (nel dominio della frequenza). Può essere ottenuto mediante gli strumenti forniti dalla
analisi di Fourier come la corrispondente serie (cap.
2) e trasformata (cap.
3), che associano ad un segnale
x(t) un secondo segnale
complesso X(f) che è diverso da zero per tutti i valori di
f presenti in
x(t). Dato che la stessa analisi può essere svolta anche per la risposta impulsiva
h(t) che caratterizza un sistema lineare e permanente (§
1.6), tale rappresentazione si rivelerà unificante.
1.5.1.1 Segnale limitato in banda
Quando un segnale contiene solo frequenze comprese entro un intervallo finito viene detto
limitato in banda (§
1.2.1.1); se tale banda è contigua alla frequenza zero viene detto
di banda base, oppure di banda
traslata qualora l’intervallo delle frequenze presenti sia concentrato attorno ad una frequenza più elevata detta
portante. La limitazione in banda è una condizione necessaria affinché un segnale analogico possa essere campionato e quantizzato (cap.
4); d’altra parte, un segnale non può essere contemporaneamente limitato sia in banda che nel tempo.
1.5.2 Operazioni sui segnali
Iniziamo discutendo le operazioni che coinvolgono
un solo segnale, modificandone ad es. l’ampiezza, o che sono il risultato di una trasformazione
lineare dell’argomento, ossia sono frutto di un cambio di variabile, come rappresentato in fig.
1.18.
Prodotto per una costante
L’ampiezza del segnale x(t) viene variata producendo un y(t) = a ⋅ x(t) che ne costituisce una copia amplificata (|a| > 1), attenuata (|a| < 1) o capovolta (a < 0).
Sostituisce ad un segnale x(t) un secondo segnale y(t) che ne rappresenta una copia anticipata o ritardata di un intervallo τ, ovvero
- anticipo: y(t) = x(t + τ) con y(t) che si sposta a sinistra rispetto ad x(t);
- ritardo: y(t) = x(t − τ) con y(t) che si sposta a destra rispetto ad x(t).
Per ricordare la concordanza tra il segno della traslazione τ e le spostamento grafico, si pensi che se un treno è in ritardo significa che non è ancora arrivato, e dunque (il suo arrivo) si è spostato in avanti nel tempo, o nel futuro.
Ruota il segnale rispetto all’asse delle ordinate, e si scrive y(t) = x(−t).
Comprime od espande
il grafico rispetto all’asse dei tempi, ed è espresso come
y(t) = x(αt). Si ha una
compressione per
α > 1, ovvero una
espansione per
α < 1. Infatti se ad es.
α > 1, una piccola variazione per l’argomento
t corrisponde ad una variazione
più grande per
αt.
Indichiamo con questo termine la
combinazione delle singole operazioni fin qui illustrate: in tal caso il risultato complessivo si ottiene applicandole una alla volta, eventualmente modificando l’espressione dell’argomento. Come esempio prendiamo il segnale
s(αt + β): in questo caso conviene riscrivere l’argomento come
α(t + β⁄α) ottenendo così
s(α(t + β⁄α)), in modo da poter prima anticipare
s(t) della quantità
β⁄α, e quindi alterare la scala dell’asse dei tempi del fattore
α, come mostrato in fig.
1.19-a). Una variante si verifica ponendo
α = − 1 ottenendo così
s( − t + β) ovvero
s(β − t). In questo caso l’anticipo
β⁄α = − β risulta essere in realtà
un ritardo paria a
β, mentre l’alterazione di scala
α = − 1 corrisponde in realtà ad un
ribaltamento, ottenendo in definitiva la situazione rappresentata in fig.
1.19-b), che ritroveremo in occasione dello studio della convoluzione (§
3.4.3) e del filtro adattato (§
7.6).
1.5.2.1 Combinazione di segnali
Due segnali
x(t) ed
y(t) possono essere
sommati tra loro, dopo un’eventuale alterazione di ampiezza, dando luogo ad un nuovo segnale
z(t) = a ⋅ x(t) + b ⋅ y(t) combinazione lineare dei segnali di partenza. Potrebbe essere ovvio, ma è meglio dirlo: se la coppia di segnali appartiene ad una medesima classe (di energia, di potenza, di periodo
T) anche il risultato vi appartiene, e ciò comporta che la classe è dotata della struttura algebrica di spazio vettoriale (§
2.4).
E’ altresì definito anche il prodotto x(t) ⋅ y(t) tra segnali, ma in generale il risultato non appartiene più alla classe di partenza: ad esempio il prodotto tra segnali di uguale periodo genera anche frequenze pari alla somma ed alla differenza delle armoniche presenti.
Spesso ci si imbatte in espressioni analitiche il cui senso può essere meglio apprezzato passando dalla forma scritta a quella visiva, ovvero disegnando il grafico di come la variabile
dipendente varia in funzione dei valori assunti da quella
indipendente (tempo
t o frequenza
f) nell’intervallo di interesse. A questo fine il testo è corredato da innumerevoli grafici, ma lo studente dovrebbe essere in grado di visualizzare in modo autonomo l’andamento delle espressioni che incontra. Un metodo generale per ottenere i grafici di somma e prodotto tra segnali è
- disegnare gli assi cartesiani su di una scala graduata compatibile con i valori da graficare, indicando l’identità della variabile indipendente, e quella della grandezza che si intende graficare;
- disegnare un secondo sistema di assi sotto al primo, allineato e nella stessa scala, su cui disegnare il secondo termine della somma o prodotto;
- eseguire la somma (o prodotto) tra i valori dei due segnali per tutti i valori della variabile indipendente, e riportare il risultato su un terzo grafico, allineato ai primi due.
Per casi più complessi è senz’altro di grande aiuto l’uso di applicazioni software che generano grafici esatti. Tra queste citiamo
- Gnuplot http://www.gnuplot.info/ Orientato a produrre grafici bi- e tri-dimensionali mediante una sintassi molto compatta, è in grado di generare uscite per un numero veramente notevole di dispositivi;
- Octave https://www.gnu.org/software/octave/ Un linguaggio di programmazione completo e ad alto livello, con tipi di dato vettoriale e matriciale, equivalente OpenSource di Matlab e le cui funzionalità vengono estese da una vasta libreria di package. I grafici prodotti con Octave possono essere manipolati e ruotati in modo interattivo;
- Geogebra https://www.geogebra.org/ Un insieme di applicazioni gratuite che girano oltre che su computer, anche via javascript nel browser e su smartphone, ognuna orientata ad uno specifico campo applicativo, compresa la grafica (interattiva) di funzioni tridimensionali, ottenibile senza programmare ma semplicemente scrivendo l’espressione analitica di ciò che si vuol graficare. E’ molto attiva anche una community che condivide on-line codice di simulazioni animate;
- Genius https://www.jirka.org/genius.html Anch’esso pur disponendo di un linguaggio di programmazione, permette di generare grafici direttamente a partire dall’espressione analitica, ma in più rispetto ai precedenti, realizza anche grafici di funzioni complesse di variabile complessa! Sviluppato solamente per sistemi Gnu/Linux, è presente nelle repository di Debian e derivate.
1.5.3 Segnali di uso frequente
E’ un segnale periodico
dispari con periodo
T = 1⁄f0 espresso come
s(t) = sin(2πf0t), ed in cui è presente l’unica frequenza
f0. La medesima forma d’onda si ottiene anche ritardando una cosinusoide di un quarto di periodo, dato che
sin(2πf0t) = cos⎛⎝2πf0t − π2⎞⎠ = cos(2πf0(t − π2 12πf0)) = cos(2πf0(t − T4))
In definitiva, un segnale
di forma sinusoidale può essere descritto indifferentemente da un seno o da un coseno,
con un termine di fase appropriato, legato alla traslazione temporale
φ⁄2πf0 necessaria ad ottenere la forma d’onda nella posizione richiesta.
Le funzioni matematiche di seno e coseno derivano dalla espressione in coordinate cartesiane della posizione di un punto materiale animato da moto circolare uniforme, ossia che ruota su di un cerchio unitario con velocità angolare ω0 = 2πf0 radianti⁄secondo.
Il nome deriva dall’uso che ne viene fatto nell’ambito del teorema del campionamento (§
4.1), ed è definito come
sinc(t) = sin(πt)πt
Si tratta dunque di un modo particolare di scrivere il rapporto
sin(x)⁄x ben noto nei corsi di analisi per essere utilizzato come esempio di applicazione del
teorema de l’Hôpital, che ne determina il valore pari ad
1 per
t → 0. La figura a lato ne mostra l’andamento, assieme a quello di
sin(πt) e di
1πt: notiamo che avere espresso l’argomento del segnale come
πt determina che esso
passa per zero in corrispondenza dei valori
interi dell’argomento, cioè per
t = 1, 2, ⋯, n con
n intero. La sua importanza in teoria dei segnali discende dal fatto che come vedremo, la sua trasformata di Fourier è un rettangolo (e viceversa).
E’ un
segnale di durata finita
che vale
uno nel suo intervallo di definizione e
zero al di fuori, e viene espresso nella forma
rectT(t) = ⎧⎨⎩ 1 con |t| < T⁄2 0 altrove
in cui il pedice
T indica l’ampiezza dell’intervallo per la variabile indipendente, notazione adottata nel testo per segnali a durata limitata. Il rettangolo viene molto spesso utilizzato per idealizzare delle discontinuità di prima specie, ed in tal senso è il risultato di due
gradini contrapposti rectT(t) = u(t + T⁄2) − u(t − T⁄2); è spesso anche utilizzato moltiplicato con altri segnali, in modo da renderli a durata limitata.
Ha funzioni simili al precedente, ma la sua ampiezza varia linearmente da zero ad un massimo (in zero), per poi diminuire di nuovo linearmente. E’ definito come
tri2T(t) = ⎧⎨⎩ 1 − |t|⁄T con |t| < T 0 altrove
E’ definito come
sgn(t) = t|t|
ovvero in modo equivalente
sgn(t) = ⎧⎨⎩ 1 con t > 0 − 1 con t < 0 , e spesso non viene usato come segnale a sé stante, ma applicato al valore di un secondo segnale: ad esempio
sgn(cos(t)) produce come risultato un’onda quadra, ed in tal caso viene detto
squadratore e rappresenta un amplificatore che lavora in regime di saturazione.
La funzione reale di variabile
reale ex ha un ruolo del tutto particolare nell’analisi per il fatto di essere la derivata di sé stessa, e dunque soluzione di equazioni differenziali del tipo
df(x)dx = kf(x).
Ad esempio, la teoria dei circuiti ci insegna che l’andamento della tensione
v(t) ai capi di un condensatore di capacità
C che si scarica attraverso una resistenza
R ha espressione
dv(t)dt = − v(t)RC; se aggiungiamo le condizioni al contorno che la scarica
inizi all’istante
t = 0 e che a tale istante il condensatore sia carico ad una tensione
v(t = 0) = V0, la soluzione dell’equazione differenziale fornisce
v(t) = V0e − t ⁄ τ in cui il segno meno ribalta l’asse dei tempi, e
τ = RC è detta
costante di tempo del circuito.
Tale denominazione è legata all’osservazione che nel disegno la retta tangente a v(t) in t = 0, di espressione y(t) = mt + V0, ha un coefficiente angolare m di valore − V0τ, e collega il punto v(0) = V0 con l’ascissa t = τ(); pertanto per realizzare un disegno approssimato conviene prima tracciare la retta, e quindi l’esponenziale tangente ad essa, come mostrato in figura.
1.5.3.1 Esponenziale complesso
Data la frequenza con cui nel testo viene fatto uso di questa particolare funzione, si è scelto di approfondirne debitamente lo studio. Il
numero di Nepero e è di tipo irrazionale trascendente, ed il valore delle sue potenze
ex corriponde a quello a cui converge sia il limite
limn → ∞⎛⎝1 + xn⎞⎠n che la serie di Maclaurin
∑∞n = 0xnn!; il bello è che tali formule mantengono validità anche per
argomento complesso z, rendendo la funzione
w = ez
una
mappa conforme che fa corrispondere ad ogni numero complesso (§
2.1.1)
z = x + jy un diverso numero
w = u + jv. Anche l’uguaglianza
ez + s = ez ⋅ es si mantiene valida per
z ed
s numeri complessi, permettendo di scrivere
w = ez = ex + jy = ex ⋅ ejy. Dato che
x è la parte reale di
z, osserviamo dunque che quando la parte immaginaria
y dell’argomento è nulla si ritrova la definizione di esponenziale di variabile
reale, di cui l’esponenziale complesso costituisce il
prolungamento analitico.
Ma che andamento ha
w = ez al variare di
z nel piano complesso? Per farsene una idea, l’unica possibilità che abbiamo è quella di rappresentare separatamente le superfici descritte dalla parte reale
u(x, y) ed immaginaria
v(x, y) di
w = u + jv = ex ⋅ ejy, oppure le superfici descritte da modulo
|w| e fase
arg{w}, come mostrato in fig.
1.28.
Osserviamo innanzitutto che il modulo |ez| (in alto a destra) dipende solamente da x = ℜ(z), risultando |ez| = ex ossia segue esattamente l’andamento dell’esponenziale reale, per qualunque y. D’altra parte, le parti reale u = ℜ(w) ed immaginaria v = ℑ(w) (a sinistra in figura) hanno un andamento del tutto simile tra loro, in quanto entrambe oscillano sinusoidalmente al variare di y con x costante, con la differenza che u oscilla come un coseno (è pari rispetto ad x) mentre v segue un seno (dispari), e dunque si annulla per y = 0. Infine osserviamo che la fase (in basso a destra), sempre in virtù della formula di Eulero, si sviluppa come
arctan2⎛⎝vu⎞⎠ = arctan2⎛⎝exsinyexcosy⎞⎠ = arctan(tan(y)) = y
e quindi non dipende da
x, replicando il valore della parte immaginaria
y dell’argomento complesso
z.
Pertanto la superficie che descrive la fase di
w è
un piano, ma
rientra dal valore
− π=3.14... ogni volta che supera
π, essendo un angolo pari a
π + α indistinguibile da quello
− π + α. In definitiva, l’esponenziale complesso
w = ez risulta periodico con periodo
2π nella componente immaginaria
y dell’argomento
z.
Siamo ora in grado di comprendere
la magia della costante
e = 2.71828.... Se valutiamo infatti un esponenziale complesso
az per una qualunque altra base
a ≠ e, il grafico che ne risulta è del tutto analogo a quello di fig.
1.28, a parte
per un fattore di scala, come illustrato nel grafico di
ℜ(2z)
riportato alla figura seguente. Notiamo infatti che in questo caso (
a = 2 < e) l’ampiezza delle oscillazioni si è ridotta, ed il periodo è aumentato: ciò significa che la curva ottenuta al variare di
y per
x = 0 non è più un coseno, in quanto anche se l’ampiezza è ancora
1 (
20 = 1), il periodo è
maggiore di
2π. Dunque il numero
e è l’unico a soddisfare l’uguaglianza
(10.3) ejy = cosy + jsiny, che valutata per
y = π da luogo all’
identità di Eulero
e jπ + 1 = 0
giudicata una delle migliori espressioni di
bellezza matematica.
Affrontiamo ora la caratterizzazione degli oggetti che sono attraversati dai segnali.