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Uno spazio condiviso

Questo è quello a cui si sta tentando di arrivare: uno spazio collettivo che si distingue dal clamore dei social e delle inserzioni pubblicitarie, per offrire esattamente ciò che promette, il dilagare della cultura tra i devices. E nel fare questo, insegue l'utopia di sopravvivere sulla base di donazioni che esprimono un sentimento di riconoscenza verso il valore di ciò che vi viene trovato, e di sostegno per il progetto in se. Troppa ambizione? E come fare senza?

La seconda sfida da affrontare è anch'essa utopica, e consiste nel credere possibile basare la collaborazione tra individui distanti sullo stack di strumenti di comunicazione nati con l'affermazione della rete Internet, dal più semplice come questo forum, ai più recenti come le videochiamate. Al giorno d'oggi siamo così intossicati da social, notifiche e chat che il nostro cervello fatica a pensare come la buona vecchia telematica possa produrre qualcosa di buono, eppure, le RFC di IETF sono redatte a colpi di mailing list a cui gli iscritti contribuiscono come forma di volontariato (tanto per fare un esempio).

Ma per dare un senso civico alla cosa, e non lasciarla nell'effimeratezza dei commenti da social (una volta si diceva da bar), ritengo sia auspicabile dare vita ad una associazione culturale, nel cui contesto far rientrare le attività svolte, la gestione delle donazioni ricevute, gli eventuali compensi per chi si impegna in sottoprogetti particolarmente rilevanti, dalla contribuzione di proprio materiale alla programmazione strategica, passando dalla analisi di dati statistici e circumnavigando le attività di gestione e manutenzione...

Certamente, il passo associativo porta con se qualche aggravio burocratico, nonché ulteriori spese. Certo, se tra i lettori (od i loro contatti) si trovasse qualcuno che fosse già passato da questo iter e che possa mettere in comune la sua esperienza, sarebbe il massimo!

Dopodiché, ci sarà il passo di dover redigere uno statuto che stabilisca il fine della associazione e le sue regole interne, ma anziché riutilizzare uno schema-tipo anche reperibile in rete, credo sarebbe opportuno veder partire un vero e proprio processo partecipativo teso a raggiungere il massimo consenso, ed evitare il pericolo di lasciare aspetti di interpretazione ambigua. Credo poi opportuno accompagnare lo statuto anche da una carta dei valori in cui affermare gli aspetti più politici che anche vorrei tirare in ballo, come l'abiura della pubblicità, il contrasto alle armi, alla plastica, al petrolio, agli allevamenti intensivi...

Beh, direi che con questo post di inizio topic ho messo anche troppa carne al fuoco.. quindi prima di proseguire, vorrei leggere anche l'opinione di qualcun altro

andpia ha reagito a questo messaggio.
andpia
Basato sul lavoro di Thomas Belser