Sorgente laser

Il primo componente fondamentale all’interno di un trasmettitore ottico coerente è il laser, dispositivo optoelettronico adibito alla generazione del segnale ottico portante su cui imprimere, mediante opportune tecniche di modulazione, il contenuto informativo da inviare al ricevitore.

Dal momento che il laser influisce su tutti i punti della catena di comunicazione (trasmettitore, canale, ricevitore) è importante avere contezza su alcuni concetti fondamentali di optoelettronica applicati alla generazione di radiazione elettromagnetica coerente (funzione assolta dal laser, per l’appunto), trattati, come sempre inevitabilmente, senza la pretesa di essere esaustivi (nel qual caso si rimanda a testi specialistici), ma sintetici e precisi su quello che è realmente funzionale alla comprensione progressiva degli argomenti esposti nel seguito.

Transizioni radiative

Esistono tre processi fondamentali di interazione tra un fotone e un elettrone in un solido: assorbimento, emissione spontanea ed emissione stimolata.


Fig.1 – I tre processi di transizione fondamentali tra due livelli energetici. I punti neri indicano lo stato dell’atomo. Lo stato iniziale è a sinistra, quello finale, dopo il processo di transizione, a destra: a) assorbimento; b) emissione spontanea; c) emissione stimolata.

Si considerino due livelli energetici che un atomo può assumere: E_{1}, corrispondente allo stato fondamentale, ed E_{2}, corrispondente a uno stato eccitato, come esemplificato in Fig.1. Ogni transizione fra questi due stati comporta l’emissione o l’assorbimento di un fotone avente frequenza \nu _{12}.

A temperatura ambiente, la maggior parte degli atomi in un solido sono allo stato fondamentale; tale situazione viene perturbata allorquando un fotone di energia esattamente uguale a h\nu _{12} elettronvolt (eV) incide sul sistema (h è la costante di Planck). Un atomo nello stato E_{1} assorbe il fotone e conseguentemente passa allo stato eccitato E_{2}: il cambiamento dello stato energetico, in tal caso, è detto assorbimento, come mostrato in Fig.1a), che risulta essere il processo principale nel funzionamento dei fotorivelatori, come già anticipato qui.

Lo stato eccitato dell’atomo è instabile sicché, dopo breve tempo, senza alcuna sollecitazione esterna, l’atomo ritorna al suo stato fondamentale, emettendo un fotone di energia h\nu _{12}: questo processo è detto emissione spontanea ed è illustrato in Fig.1b). Il funzionamento dei diodi emettitori di luce (Light Emitting Diode, LED) si basa proprio su questo meccanismo.

Quando un fotone di energia h\nu _{12} colpisce un atomo mentre questo è nello stato eccitato, come mostrato in Fig.1c), l’atomo può essere stimolato a compiere una transizione allo stato fondamentale, emettendo un fotone di energia h\nu _{12} in fase con la radiazione incidente: questo processo prende il nome di emissione stimolata e la radiazione derivante è monocromatica, allorché ogni fotone possiede un’energia che vale esattamente h\nu _{12}, nonché coerente, poiché tutti i fotoni emessi sono in fase. Questo meccanismo è alla base del funzionamento del laser.

Si supponga che le popolazioni istantaneecioè il numero di atomi per unità di volume che occupano, istante per istante, i livelli energetici associati agli stati fondamentale ed eccitato ai livelli E_{1} ed E_{2} siano rispettivamente n_{1} ed n_{2}; in condizioni di equilibrio termico (o stazionarie) e per (E_{2}-E_{1})>3kT (dove k è la costante di Boltzmann e T la temperatura del sistema), la popolazione è data dalla distribuzione di Boltzmann

n_{2}[A\rho (h\nu_{12})+B]=n_{1}C\rho (h\nu_{12})\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[1],

dove A, B e C sono delle opportune costanti di proporzionalità e \rho la densità volumetrica dei fotoni.

Fisica del laser a semiconduttore

Un laserLight Amplification by Stimulated Emission of Radiation a semiconduttore è un dispositivo optoelettronico capace di emettere radiazione elettromagnetica pressoché monocromatica e di produrre un fascio di luce altamente direzionale; questa proprietà distintiva lo rende indispensabile per le comunicazioni su sistemi coerenti in fibra ottica, specialmente quelli a lunga distanza. Infatti, in tali sistemi, la coerenza ottica è di primaria importanza, specialmente laddove sia implementata una modulazione di fase e una rivelazione coerente: dal momento che il processo di modulazione coinvolge la modifica della fase del segnale portante, il rumore di fase generato deve essere mantenuto ragionevolmente basso così da minimizzare i problemi in sede di rivelazione e ricostruzione dell’informazione.

Materiali per la fabbricazione del laser

La seguente Tab.1 riporta la porzione della tavola periodica degli elementi che si riferisce ai semiconduttori.


Tab.1 – Parte della tavola periodica degli elementi relativa ai semiconduttori.

Gli elementi semiconduttori composti da una singola specie di atomi, quali il silicio (Si) e il germanio (Ge), si trovano nella colonna del IV gruppo. Esistono tuttavia anche numerosi semiconduttori composti che sono formati da due o più elementi: per esempio, l’arseniuro di gallio (GaAs) è un composto III-V, combinazione di gallio (Ga), della colonna del III gruppo, e dell’arsenico (As), della colonna del V colonna. La seguente Tab.2 elenca alcuni elementi semiconduttori singoli e composti; quelli evidenziati in grassetto sono di particolare interesse per la fabbricazione di sorgenti luminose coerenti.


Tab.2 – Semiconduttori elementari e composti; quelli elementari come silicio (Si) e germanio (Ge) e alcuni composti come arseniuro di alluminio (AlAs), arseniuro di gallio (GaAs), fosfuro di gallio (GaP), arseniuro di indio (InAs) e fosfuro di indio (InP) sono d’elezione per la fabbricazione di substrati destinati alla produzione di laser.

Come noto dalla fisica dello stato solido, in una struttura atomica cristallina gli elettroni possono assumere valori discreti di energia in corrispondenza di opportuni livelli (determinati con gli strumenti matematici propri della meccanica quantistica) i quali, data l’enorme numerosità degli atomi costituenti il cristallo, si dispongono in bande; quando la spaziatura tra gli atomi si avvicina al valore che assume all’equilibrio la distanza interatomica del reticolo, si ha la suddivisione in due bande separate da una regione che designa le energie che l’elettrone in un solido non può assumere: si tratta della banda proibita, di ampiezza E_{g} [eV], chiamata anche energy gap. La banda superiore è detta banda di conduzione, quella inferiore banda di valenza, come mostrato in Fig.2 per silicio e arseniuro di gallio.


Fig.2 Struttura delle bande di energia del silicio (Si) e dell’arseniuro di gallio (GaAs). I cerchi vuoti indicano le lacune nella banda di valenza e quelli pieni gli elettroni nella banda di conduzione [riadattato da Simon M. Sze – Dispositivi A Semiconduttore].

In un semiconduttore i legami tra atomi vicini sono moderatamente forti, e pertanto anche le vibrazioni di origine termica hanno una certa probabilità di spezzare alcuni di questi legami, generando così un elettrone libero e una lacuna libera. Come mostrato in Fig.2, la banda proibita di un semiconduttore non è tanto estesa (rispetto a quella di un isolante); ad esempio, per il silicio è di circa 1,12 eV. Ne consegue che alcuni elettroni saranno in grado di salire dalla banda di valenza a quella di conduzione, lasciando in corrispondenza lacune in banda di valenza.

Un’altra considerazione importante che emerge dall’analisi della Fig.2 è la differenza tra il massimo e il minimo dei limiti inferiore e superiore, rispettivamente delle bande di conduzione e valenza, per Si e GaAs; l’arseniuro di gallio è infatti detto semiconduttore diretto (o a gap diretta) poiché massimo e minimo delle bande sono allineati, mentre il silicio è detto semiconduttore indiretto (o a gap indiretta) proprio per questo disallineamento.

    Perché il gap si sposta?

Se ti stai chiedendo cosa sia la quantità di moto del cristallo di Fig.2, e perché al suo variare si modifichi l’ampiezza della banda proibita, proviamo a raccontarti quel che ci sembra di aver capito. Altrimenti, passa oltre.

L’energia cinetica di un elettrone libero, con massa m_{0}, è espressa dalla relazione E=\frac{1}{2}m_{0}v^{2} dove v è la velocità con cui si muove la carica. Ricordando che la quantità di moto è definita come p=mv, l’energia cinetica si può esprimere anche come E=\frac{1}{2}m_{0}v^{2}=\frac{1}{2}m_{0}\frac{p^{2}}{m_{0}^{2}}=\frac{p^{2}}{2m_{0}} in cui p=mv è la quantità di moto dell’elettrone libero.

Ora però abbandoniamo qualunque pudore di rigore, per descrivere come il moto di un elettrone (che disponga di una energia sufficiente a porlo nella banda di conduzione) debba confrontarsi con la disposizione del reticolo cristallino del semiconduttore, che può assumere geometrie differenti a seconda del materiale considerato; infatti, il tipo di reticolo cristallino dipende proprio materiale in questione che, tra l’altro, può cristallizzare in vari modi. Relativamente al drogaggio, quest’ultimo, al limite, può lievemente modificare lo stress e la costante reticolare ma non certamente l’effettiva struttura cristallina; per dirla in termini semplicistici: “Il silicio cubico resta cubico, anche se drogato!“. La natura periodica del cristallo lo rende (a temperatura non nulla) sede di oscillazioni elastiche sincronizzate da parte dei suoi atomi costituenti, e questo può determinare un ostacolo (o meno) al moto dell’elettrone, in funzione della direzione del moto, e della geometria del cristallo.

Ora, ciò che la Fig.2 illustra è come nel silicio la massima energia degli elettroni nella banda di valenza si verifica in una direzione per la quale l’energia ancora necessaria a raggiungere la banda di conduzione è di molto superiore a quella minima, che invece si verifica per una diversa direzione; al contrario, per il GaAs minimo e massimo si verificano nella stessa direzione, e per superare la banda proibita è sufficiente la sola energia E_{g} fornita da un fotone. Vale la pena ribadire il fatto che la velocità, così come l’impulso, sono quantità vettoriali che, in quanto tali, dipendo proprio anche dalla direzione; infatti, nelle ascisse dei grafici di Fig.2 compaiono delle “etichette” riferite propriamente a due diverse direzioni cristalline, secondo la convenzione di Miller.

La quantità di moto del cristallo (o impulso del cristallo) dipende a sua volta da questo parametro di direzione, e va a modificare la quantità di moto dell’elettrone libero discussa sopra. In realtà ci sarebbe un modo di superare la banda proibita anche nel Silicio a parità di energia E_{g} del fotone incidente: aggiungere a questa anche l’energia di un’altra quasi-particella chiamata fonone, che appunto descrive un quanto di vibrazione in un reticolo cristallino. Ma la collisione elettrone-fonone non è controllabile.


Questa differenza è di fondamentale importanza nella scelta dei materiali per la produzione di laser, in quanto questi richiedono espressamente semiconduttori a gap diretto, gli unici capaci di massimizzare l’efficienza con cui si generano fotoni coerenti; brevemente, questo è possibile in quanto in tali materiali la quantità di moto del cristallo è conservata e pertanto in essi la probabilità di transizioni radiative è elevata.

Tutti i semiconduttori impiegati nei laser sono i composti III-V (si veda Tab.2) a gap diretto e, per l’esattezza, le soluzioni solide di \textup{Al}_{x}\textup{Ga}_{1-x}\textup{As}_{y}\textup{Sb}_{1-y} e di \textup{Ga}_{x}\textup{In}_{1-x}\textup{As}_{y}\textup{P}_{1-y}, dove x e y sono frazioni molari, cioé rapporti tra numero di atomi di una data specie e numero complessivo di atomi del gruppo III o V presenti nella lega composta. Il bilanciamento opportuno di queste frazioni è fondamentale in quanto influenza:

  • L’allineamento delle bande di conduzione e valenza, trasformando un semiconduttore da diretto a indiretto e viceversa;
  • L’indice di rifrazione della composizione.

Queste due proprietà sono determinanti nel funzionamento di un laser a temperature maggiori o uguali alla temperatura ambiente.

Funzionamento dell’emissione laser

Pompa elettrica

Si chiama così perché in sostanza si tratta di alimentare il semiconduttore iniettando (o pompando) elettroni. Il pompaggio si concretizza nella corrente causata dalla differenza di potenziale direttache porta il diodo in conduzione. Man mano che l’iniezione di carica aumenta, in Fig. 12 si può apprezzare come la zona di svuotamento (di lunghezza d) si accorci. imposta alla giunzione da parte di un generatore di tensione. Ciò determina l’inversione di popolazione nella regione attiva della giunzione, causando una maggiore emissione fotonica a seguito di coppie elettrone-lacuna che si ricombinano. Ma andiamo per gradi.

Dall’equazione [1] di bilanciamento dei tassi di transizioni radiative in condizioni stazionarie si può osservare che

\frac{\textup{tasso emissione stimolata}}{\textup{tasso emissione spontanea}}=\frac{A}{B}\rho (h\nu _{12})\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[2].

Allo scopo di rendere il fenomeno dell’emissione stimolata dominante rispetto all’emissione spontanea, è necessaria un’elevata densità di energia del campo elettromagnetico \rho (h\nu _{12}). Come vedremo fra poco, per ottenere una densità elevata di fotoni, si usa una cavità risonante ottica. Dall’equazione [1] si osserva anche che

\frac{\textup{tasso emissione stimolata}}{\textup{tasso assorbimento}}=\frac{A}{C}\left ( \frac{n_{2}}{n_{1}} \right )\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[3].

Se l’emissione stimolata di fotoni deve costituire l’effetto dominante rispetto all’assorbimento fotonico, è necessario che la densità di elettroni nel livello energetico superiore sia maggiore di quella relativa al livello energetico inferiore: questa condizione si dice inversione di popolazione, poiché in condizioni di equilibrio si verifica la situazione opposta.

Per ottenere inversione di popolazione in un laser a semiconduttore, si consideri una giunzione p-n formata con semiconduttori degeneri, nei quali cioé il drogaggio è così elevato che il livello di Fermi, E_{F}, si trova all’interno della banda di valenza nel lato p e all’interno della banda di conduzione nel lato n.


Fig.3 – Diagrammi a bande di energia per una giunzione pn degenere: a) all’equilibrio termodinamico; b) in polarizzazione diretta; c) in condizioni di alto livello di iniezione. Relativamente alla simbologia adottata, E_{FC} è il livello di Fermi di conduzione, E_{FV} è il livello di Fermi di valenza, V_{F} è la tensione di polarizzazione diretta applicata alla giunzione [riadattato da Simon M. Sze – Dispositivi A Semiconduttore].

La Fig.3a) mostra il diagramma a bande di tale giunzione nelle condizioni di stazionarietà termodinamica; in esito all’applicazione di una tensione di polarizzazione diretta, come mostra la Fig.3b), vengono iniettati elettroni dal lato n e lacune dal lato p nella regione di transizione; non appena la differenza di potenziale raggiunge un’ampiezza sufficiente si ha un’intensa iniezione di portatori di carica ossia, come illustrato infine in Fig.3c), forti concentrazioni di elettroni e lacune vengono iniettate in zona di transizione. Il risultato è che tale zona, di estensione d, contiene un’elevata concentrazione di elettroni in banda di conduzione, nonché di lacune in banda di valenza, di fatto instaurando la condizione di inversione di popolazione: questo meccanismo è altresì noto come “pompaggio” elettrico del laser (electrical pumping o laser pumping).

Confinamento ottico

Affinché abbiano luogo transizioni banda-banda, l’energia minima richiesta è pari all’ampiezza della banda proibita, E_{g}; perciò, dalla Fig.3c), si può scrivere la condizione necessaria all’inversione di popolazione nella forma

E_{FC}-E_{FV}>E_{g}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[4].

Un laser che sia implementato realmente da una giunzione pn di un medesimo materiale, ad esempio arseniuro di gallio, prende il nome di laser a omogiunzione. Una realizzazione più efficiente a parità di geometria, in termini di ridotta corrente elettrica richiesta per funzionare, è quella consistente in una struttura a tre strati (layer) mostrata in Fig.4, in cui il layer centrale (core layer) è interposto (sandwiched) tra i due più esterni (cladding layers) fortemente drogati di tipo p ed n così da rendere valida la [4] in condizioni di polarizzazione diretta.


Fig.4 – Schematizzazione di un laser ad eterogiunzione: a) vista tridimensionale della strtuttura a tre strati; b) sezione bidimensionale della struttura con particolare delle dimensioni, degli indici di rifrazione e delle composizioni ternarie dei layer; c) ulteriore particolare del confinamento della radiazione ottica nello strato attivo.

Quella di Fig.4 è la struttura base tipica di un laser a eterostruttura (buried heterostructure, BH), realizzato con tecniche di crescita epitassiale, il cui volume si mantiene al di sotto di 1 mm3 rendendolo così ultracompatto. Il core layer è costituito da un materiale semiconduttore che emette radiazione ottica e costituisce la regione attiva della struttura, tipicamente \textup{GaAs} con un indice di rifrazione \overline{n}_{2}; i cladding layers costituiscono le regioni inattive della struttura e sono realizzati da composti ad elevato band gap (rispetto al core) del tipo p-\textup{Al}_{x}\textup{Ga}_{1-x}\textup{As} e n-\textup{Al}_{x}\textup{Ga}_{1-x}\textup{As} con indici di rifrazione \overline{n}_{1} e \overline{n}_{3}, tali che \overline{n}_{1}>\overline{n}_{2}\geq \overline{n}_{3} così da realizzare il confinamento ottico della radiazione elettromagnetica, in maniera del tutto analoga alle condizioni necessaria per propagazione in fibra ottica.

Si può infatti definire un fattore di confinamento, \Gamma come il rapporto fra l’intensità del campo ottico all’interno dello strato attivo e la somma delle intensità luminose all’interno ed esternamente ad esso, secondo la relazione

\Gamma =1-e^{-C\Delta \overline{n}d}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[5],

dove C è una costante opportuna, \Delta \overline{n} la differenza fra gli indici di rifrazione e d lo spessore dello strato attivo che può essere usato come parametro di controllo del numero di modi che si possono innescare al suo interno.

Densità di corrente di soglia e guadagno ottico

Uno dei parametri più importanti per il funzionamento di un laser è la densità di corrente di soglia J_{th}, definito come quella densità di corrente minima necessaria per rendere possibile l’effetto laser. Come già anticipato, in un laser BH la corrente di soglia cresce, all’aumentare della temperatura, molto più lentamente rispetto a un laser a omogiunzione; grazie proprio ai bassi valori di J_{th} tipici dei laser ad eterostruttura a 300 K, essi possono operare in regime continuo a temperatura ambiente: è esattamente (anche) questa una delle caratteristiche determinanti che ha portato alla notevole diffusione dei laser a semiconduttore come sorgenti per sistemi di telecomunicazioni in fibra ottica.

Quando la densità di corrente iniettata nello strato attivo supera un certo valore, non solo si realizza l’inversione di popolazione, ma la regione attiva presenta un certo guadagno ottico, definito come l’aumento del flusso di energia ottica per unità di lunghezza: ciò significa che un segnale ottico propagantesi all’interno del core layer viene amplificato di un fattore pari a e^{gL}, dove g è il guadagno (o coefficiente di amplificazione) e L è la lunghezza della regione attiva.

Il calcolo di g richiede la velocità alla quale i fotoni vengono assorbiti ed emessi attraverso l’emissione stimolata e dipende dai dettagli della struttura a banda associata al materiale attivo; per l’esattezza, g è esprimibile come funzione della densità nominale di corrente, J_{nom}, che è definita, per efficienza quantica unitariacioé numero di portatori di carica generati per fotone, che nel caso ideale è \eta =1, come la densità di corrente necessaria per eccitare uniformemente uno strato attivo di spessore 1 µm:. La densità effettiva di corrente è data da

J\,\left [ \textup{A}\,\textup{cm}^{-2} \right ]=\frac{J_{nom}d}{\eta }\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[6],

dove d è lo spessore del core layer, precedentemente introdotto, espresso in µm.

In generale, g è calcolato numericamente, e per brevità viene omessa la discussione relativa al modello su cui basare il calcolo. La Fig.5 mostra il coefficiente di amplificazione calcolato per un tipico laser BH all’arseniuro di gallio.


Fig.5 – Variazione del guadagno ottico in funzione della densità nominale di corrente in un laser in arseniuro di gallio, a temperatura ambiente e concentrazione netta di droganti pari a 4\times 10^{17} cm-3; la linea tratteggiata rappresenta una dipendenza lineare [riadattato da Simon M. Sze – Dispositivi A Semiconduttore].

Dalla Fig.5 si evince come l’amplificazione cresca linearmente con J_{nom} per 50\leq g\leq 400 cm-1; la retta tangente (tratteggiata) può esprimersi nella forma

g=\left ( \frac{g_{o}}{J_{o}} \right )\left ( J_{nom}-J_{o} \right )\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[7],

dove g_{0}/J_{0}=5\times 10^{-2}\,\,\,(\textup{cm}\,\mu \textup{m})/\textup{A} e J_{0}=4,5\times 10^{3}\,\,\,\textup{A}\,(\textup{cm}^{-2}\,\mu \textup{m}^{-1}).

Un altro esempio di andamento del guadagno è rappresentato in Fig.6, questa volta per un laser emittente alla lunghezza d’onda di 1,3 µm e in cui il core layer è realizzato con eterostruttura quaternaria InGaAsP.


Fig.6 – Variazioni del guadagno ottico in un laser ad eterogiunzione InGaAsP: a) in funzione dell’energia associata ai fotoni incidenti, per diversi valori di densità di carica; b) (di picco) al variare della densità di carica (la linea trattegiata mostra, ancora una volta, la dipendenza lineare nella regione ad alto guadagno) [riadattato da Govind P. Agrawal – Fiber‐Optic Communication Systems].

In particolare, la Fig.6a) illustra il guadagno determinato per differenti valori di densità volumetrica di carica N; per valori bassi di densità risulta g<0. Man mano che N cresce, il guadagno ottico diventa positivo e raggiunge valori di picco, g_{p}, sempre più spostati verso destra. La Fig.6b) mostra l’andamento di g_{p} al variare di N, analogo a quello visualizzato in Fig.5.

Retroazione ottica e condizione di soglia laser

Il guadagno ottico, da solo, non è sufficiente per il funzionamento di un laser: l’altro “ingrediente” necessario è la retroazione ottica (optical feedback), ottenuta posizionando il core layer all’interno di una cavità Fabry-Perot (FP), in cui gli specchi esterni sono naturalmente ottenuti mediante processi tecnologici di clivaggio e lucidatura dei piani laterali della struttura cristallina di Fig.4; la riflessione della radiazione ottica ha luogo grazie al salto elevato dell’ indice di rifrazione in corrispondenza delle due interfacce aria-semiconduttore aventi riflettività (o riflettanza) normali R_{1} e R_{2}.

Sempre dalla Fig.5 si può osservare come, al crescere della corrente, il coefficiente di amplificazione si incrementi finché non raggiunge la soglia per cui si innesca l’effetto laserla soglia in Fig.5 è intorno 5 x 10^3 A cm^-2 per il GaAs a partire da cui l’andamento del guadagno ottico è lineare, tra 50 e circa 400 \textup{cm}^{-2}, e che è la zona in cui si ha l’effetto laser. Sotto la soglia a basse correnti ci sono dei fenomeni di emissione spontanea in tutte le direzioni, con assenza di coerenza della radiazione, quindi più un funzionamento da LED con andamento non lineare che si discosta da quello lineare in cui opera invece il laser (laser threshold), ossia quel valore di guadagno tale da permettere a un’onda elettromagnetica di propagarsi liberamente attraversando tutta lunghezza L della regione attiva senza attenuarsi.

Per ottenere la condizione di soglia si può studiare come cambia l’ampiezza associata a un modo ottico eccitato nella regione attiva durante un solo cammino di andata e ritorno (round trip) all’interno della cavità FP. Si assuma quindi che il modo abbia ampiezza iniziale A_{0}, frequenza \nu e costante di propagazione \beta =\overline{n}(2\pi \nu )c, dove \overline{n} è l’indice di rifrazione efficace “visto” dal modo. Dopo un round trip, la sua ampiezza aumenta di un fattore e^{gL} a causa del guadagno ottico g, mentre la sua fase varia di 2\beta L, dove L è la lunghezza della cavità FP, quindi del core layer.

Allo stesso tempo, la sua ampiezza si decrementa di un fattore \sqrt{R_{1}R_{2}}e^{-\alpha _{int}L} conseguentemente alla riflessione che ha luogo alle interfacce laterali del laser, nonché a causa di fenomeni di perdita interni alla cavità, compendiati dal fattore di attenuazione \alpha _{int} legati all’assorbimento di cariche libere e diffusione (scattering) sui piani laterali. Le riflettanze degli specchi, R_{1} e R_{2} si assumono differenti perché, tipicamente, vengono ulteriormente rivestite con ulteriori strati ottici (durante il processo tecnologico) per modificarne proprio la loro naturale riflettività.

In regime stazionario, il modo deve rimanere invariato dopo un round trip, cioè deve verificarsi l’uguaglianza

A_{0} \left \{ \left ( e^{gL} \right )\left [ \sqrt{R_{1}R_{2}}\left ( e^{-\alpha_{int}L} \right ) \right ] \right \}e^{i2\beta L}=A_{0}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[8].

Equiparando ampiezza e fase ambo i membri della [8], otteniamo

g=\alpha_{int}+\frac{1}{2L}\textup{ln}\left ( \frac{1}{R_{1}R_{2}} \right )=\alpha_{int}+\alpha_ {spe}=\alpha _{cav}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[9],

2\beta L=2m\pi \,\,\,\,\,\,\textup{o}\,\,\,\,\,\,\nu =\nu _{m}=\frac{mc}{2\overline{n}L}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[10],

dove m\in \mathbb{Z} e la forma alternativa della [10] è ottenuta sostituendo la definizione della costante di propagazione \beta =\overline{n}(2\pi \nu )c. L’equazione [9] mostra che il guadagno ottico g eguaglia la perdita totale della cavità FP, \alpha _{cav} alla soglia e oltre. E’ importante osservare che g non è lo stesso del guadagno ottico del materiale, g_{m}, mostrato in Fig.6; il modo ottico infatti si estende oltre la regione attiva mentre il guadagno ottico esiste effettivamente soltanto al suo interno: per l’esattezza, quindi, risulta g=\Gamma g_{m}, dove \Gamma è proprio il fattore di confinamento del core layer, definito nella [5], con valori tipici inferiori a 0,4.

Infine, combinando opportunamente le [6], [7] e [9], si ottiene la densità di corrente di soglia

J_{th}\,\left [ \frac{\textup{A}}{\textup{cm}^{2}} \right ]=\frac{J_{o}d}{\eta }+\frac{J_{o}d}{g_{o}\eta \Gamma } \left [ \alpha_{int} +\frac{1}{2L}\textup{ln}\left ( \frac{1}{R_{1}R_{2}} \right ) \right ]\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[11].

Modi longitudinali

La condizione di fase espressa dalla [10] mostra che la frequenza \nu del laser deve eguagliare una delle frequenze \nu _{m}, con m intero, corrispondenti ai cosiddetti modi longitudinali determinati da \bar{n}L, definita lunghezza ottica. La distanza spettrale \Delta \nu _{L} tra questi modi è costante ed è pari tipicamente a 150 GHz per L pari a 250 µm. Un laser a semiconduttore generalmente emette radiazione simultaneamente su molte frequenze modali all’interno della cavità di risonanza Fabry-Perot.


Fig.7 – Schematizzazione dei profili di guadagno e perdita di un laser a semiconduttore. Le linee verticali mostrano la posizione dei modi longitudinali [riadattato da Govind P. Agrawal – Fiber‐Optic Communication Systems].

Come illustrato in Fig.7, lo spettro di guadagno g(\omega ) dei laser a semiconduttore è ampio abbastanza (la larghezza di banda si attesta attorno i 10 THz) da consentire a diversi modi longitudinali di esperire simultaneamente un’amplificazione. In condizioni ideali, gli altri modi non dovrebbero raggiungere la condizione di soglia dal momento che il loro guadagno rimane sempre al di sotto di quello del modo fondamentale. Nella pratica, la differenza è estremamente esigua (circa 0,1 cm-1) così che uno o due modi adiacenti a quello fondamentale trasportano un’aliquota significativa di potenza ottica (assieme alla porzione maggioritaria associata al fondamentale). Dal momento che ciascun modo si propaga in fibra a velocità leggermente differenti a causa della dispersione della velocità di gruppo, la natura multimodale del laser a semiconduttore spesso limita il bit rate del sistema di comunicazione che opera in terza finestra. La situazione può essere quindi mitigata progettando sorgenti coerenti che oscillino esattamente alla frequenza fondamentale.

Laser monomodale

Il fatto che il laser oscilli a più frequenze modali contemporaneamente, comportando una larghezza spettrale compresa tra 2 e 4 nm, può essere accettabile per alcune applicazioni e meno per altre. Come anticipato, vi sono delle tecniche che possono essere applicate nella progettazione di laser a semiconduttore tali da rendere predominante l’emissione sul modo fondamentale. L’idea è quella di progettare il laser in modo tale che le perdite siano diverse per differenti modi longitudinali, in contrasto con i laser basati su cavità FP in cui le perdite sono indipendenti dai modi; la Fig.8 illustra l’andamento dei profili di guadagno e perdita per questa tipologia di sorgenti coerenti.


Fig.8 – Profili di guadagno e perdita di un laser a semiconduttore oscillante in maniera predominante in single-mode [riadattato da Govind P. Agrawal – Fiber‐Optic Communication Systems].

Il modo longitudinale con la minima perdita di cavità raggiunge la soglia per primo e diventa il modo dominante. Gli altri modi adiacenti sono così “discriminati” a causa delle perdite maggiori ad essi associate e la potenza ottica da essi trasportata è solitamente una frazione molto piccola (<1%) della potenza totale emessa. Una prima figura di merito per valutare le prestazioni di un laser monomodale (single-mode) è il cosiddetto rapporto di soppressione del modo (mode-suppression ratio, MSR), definito come \mathrm{MSR}=P_{mm}/P_{sm}, dove P_{mm} è la potenza del modo principale (main mode) e P_{sm} è la potenza del modo laterale (side mode) “più dominante” rispetto gli altri. Per un buon laser single-mode, l’MSR tipicamente supera i 30 dB (cioè un rapporto pari a 1000).

Laser a retroazione distribuita (DFB)

I laser a semiconduttore con retroazione distribuita (Distribuited FeedBack, DFB) sono stati sviluppati negli anni ’80 e sono utilizzati regolarmente nei sistemi DWDM. Come suggerisce il nome, nei laser DFB la retroazione non è localizzata sulle interfacce laterali (rif. Fig.4), quanto appunto “distribuita” lungo tutta la lunghezza della cavità, grazie alla presenza di un reticolo (grating) interno, realizzato contestualmente alle fasi tecnologiche di fabbricazione dei vari layer, che provoca una variazione periodica dell’indice di rifrazione esperito dal modo; la retroazione avviene in accordo al fenomeno della diffrazione di Bragg, in cui si ha accoppiamento delle onde che si propagano “in avanti” (forward, verso il ricevitore) e “all’indietro” (backward, riflesse indietro verso il trasmettitore). La selettività dei modi deriva dalla condizione di Bragg, secondo cui l’accoppiamento si verifica solo per le lunghezze d’onda \lambda _{b} che soddisfano la seguente equazione:

\Lambda =m\left ( \frac{\lambda_{b} }{2\bar{n}} \right )\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[12],

dove \Lambda è il periodo del reticolo, \bar{n} è l’indice di rifrazione medio del modo e m un intero che fornisce il grado (o ordine) della diffrazione di Bragg. L’accoppiamento più forte tra onde progressive (forward) e regressive (backward) si verifica proprio al primo ordine della diffrazione di Bragg (m=1). Approfondimenti sulla legge di Bragg e sulla fisica del reticolo di diffrazione sono consultabili qui e qui.

La Fig.9 schematizza, semplificando, la struttura di un laser DFB.


Fig.9 – Struttura semplificata di un laser DFB in cui sono evidenziate la regione attiva e il reticolo di Bragg [riadattato da Govind P. Agrawal – Fiber‐Optic Communication Systems].

La fabbricazione dei laser DFB a semiconduttore, che implica il ricorso a un processo tecnologico avanzato che prevede multiple crescite epitassiali, differisce dai laser FP (rif. Fig.4) a causa della presenza del reticolo di Bragg inciso (etched) su uno degli strati di cladding che circondano lo strato attivo, utilizzando tecniche come l’olografia o la litografia a fascio di elettroni. Questo per creare una variazione periodica dell’indice di rifrazione del modo per tutta la lunghezza della cavità così da avere la diffrazione di Bragg; questa tipologia di laser, nonostante le iniziali complessità tecnologiche, è stata commercializzata e ampiamente utilizzata nei sistemi di comunicazione ottica DWDM emittenti a 1,55 μm, dimostrando affidabilità sin dalla loro implementazione in tutti i sistemi transoceanici a partire dal 1992.

Laser sintonizzabili

I sistemi DWDM di più recente installazione richiedono laser single-mode a stretta larghezza spettrale e la cui lunghezza d’onda centrale rimanga fissa nel tempo. I laser DFB soddisfano questo requisito, ma la loro stabilità di lunghezza d’onda è a scapito della “sintonizzabilità” (tunability). Il gran numero di laser DFB utilizzati all’interno di un trasmettitore DWDM rende la progettazione e la manutenzione di un tale sistema fotonico costose e non più sostenibili, oggi, alla luce degli stretti requisiti di contenimento degli OpEx; sicché, nel corso del tempo e grazie agli affinamenti dei processi tecnologici, sono stati fabbricati e commercializzati laser a semiconduttore “sintonizzabili” (tunable), cioè la cui lunghezza d’onda può essere, appunto, sintonizzata su un’ampia gamma spettrale, mitigando notevolmente il problema.

Negli ultimi anni sono stati sviluppate diverse architetture di laser DFB sintonizzabili. I primi approcci sono iniziati verso la fine degli anni ’90 con i laser DFB a sezioni multiple (multisection DFB) per soddisfare i requisiti, in parte contrastanti, di stabilità e sintonizzabilità; essi sono principalmente costituiti da tre sezioni polarizzabili indipendentemente l’una dall’altra: una sezione che include la regione attiva, una sezione di controllo della fase e una sezione detta “di Bragg”. Molto brevemente, la corrente iniettata nella sezione di Bragg viene utilizzata per modificare la lunghezza d’onda di Bragg \lambda_{b} tramite variazioni dell’indice di rifrazione indotte dai portatori di carica, mentre la corrente iniettata nella sezione di controllo della fase viene utilizzata per modificare la fase del segnale di retroazione. La lunghezza d’onda del laser può essere sintonizzata quasi continuamente su un intervallo compreso tra 10 e 15 nm, controllando opportunamente le correnti nelle sezioni di fase e di Bragg. In un approccio architetturale più recente, denominato laser a doppia guida regolabile (tunable twin-guide laser), uno strato di regolazione viene aggiunto verticalmente all’interno di una struttura DFB standard e vengono impiegati due diversi reticoli per la regolazione; un tale dispositivo, molto più semplice da fabbricare e utilizzare rispetto a un laser multisection, può essere sintonizzato su un intervallo di lunghezze d’onda di 40 nm, mantenendo una potenza di uscita relativamente alta (~10 mW) e un elevato MSR (>30 dB).

Parametri caratteristici del laser monomodale

Il funzionamento dei laser monomodali a semiconduttore può essere spiegato dettagliatamente attraverso un sistema di due equazioni (rate equations), che descrivono analiticamente l’interazione tra fotoni ed elettroni nella regione attiva, derivate direttamente dalle equazioni di Maxwell. Esiste anche una derivazione euristica di tali equazioni, ottenuta considerando vari fenomeni fisici attraverso i quali il numero di fotoni, P, e il numero di elettroni, N, cambiano nel tempo all’interno della regione attiva:

\frac{\mathrm{d} P}{\mathrm{d} t}=GP+R_{\mathrm{sp}}-\frac{P}{\tau _{p}}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[13],

\frac{\mathrm{d} N}{\mathrm{d} t}=\frac{I}{q}-\frac{N}{\tau _{c}}-GP\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[14],

dove G è il guadagno, R_{\mathrm{sp}} è il tasso di emissione spontanea nel modo di lasing (cioé il fondamentale), \tau _{p} è il tempo di vita dei fotoni (photon lifetime) e \tau _{c} è il tempo di vita dei portatori di carica (carrier lifetime), che rendiconta la perdita di elettroni dovuta sia all’emissione spontanea che ai fenomeni di ricombinazione non radiativa.

Dunque, in questo ultimo paragrafo, le equazioni [13] e [14] sono utilizzate per derivare e definire brevemente tre importanti parametri caratteristici dei laser a semiconduttore monomodali, utili per comprendere sia gli aspetti di modulazione ottica trattati qui, che quelli inerenti alle future sezioni dedicate al canale ottico e al ricevitore coerente dove saranno opportunamente richiamati.

Larghezza di banda di modulazione

Come detto più volte, la portante ottica generata dal laser deve essere opportunamente modulata per imprimere su di essa le informazioni da trasmettere in fibra. Ora, la potenza ottica associata al segnale erogato da un laser DFB può essere modulata direttamente se la corrente applicata varia nel tempo; in tal caso, la domanda è “quanto velocemente questa corrente può essere modulata prima che il laser smetta di seguire le variazioni di corrente?”. La risposta alla modulazione dei laser a semiconduttore viene studiata risolvendo le equazioni [13] e [14] con una corrente dipendente dal tempo espressa nella forma

I(t)=I_{b}+I_{m}f_{p}(t)\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[15],

dove I_{b} è la corrente di polarizzazione, I_{m} è la componente variabile della corrente opportunamente “sagomata” da f_{p}(t), che rappresenta la forma dell’impulso di corrente.

Non linearità e riduzione del guadagno

Secondo il formalismo matematico che deriva dalla risoluzione delle equazioni [13] e [14], si dimostra l’esistenza di un parametro di guadagno non lineare che, moltiplicato a G, porta a una leggera riduzione di questo con l’aumento di P; da un punto di vista prettamente fisico, il meccanismo che sta dietro a tale decremento può essere attribuito a diversi fenomeni particolari, come lo spatial hole burning, lo spectral hole burning, il “riscaldamento” dei portatori (carrier heating) e l’assorbimento a due fotoni (two-photon absorption).

Fattore di accoppiamento ampiezza-fase

Esiste una seconda implicazione derivante dalla formalizzazione del problema qui in discussione, correlato a una proprietà importante dei laser a semiconduttore; nello specifico, risulta che ogniqualvolta il guadagno ottico cambia a causa di variazioni nella popolazione dei portatori N, anche l’indice di rifrazione cambia. Da un punto di vista fisico, praticamente, la modulazione di ampiezza nei laser a semiconduttore è sempre accompagnata da una modulazione di fase a causa dei cambiamenti indotti dai portatori di carica all’indice di rifrazione del modo \bar{n}. Tale modulazione di fase è formalizzata da un’equazione differenziale in cui compare un coefficiente \beta _{c} di accoppiamento ampiezza-fase, comunemente chiamato fattore di ampliamento della larghezza di riga (enhancement of spectral width), in quanto porta effettivamente a un aumento della larghezza spettrale associata a un singolo modo longitudinale.

Risoluzione delle rate equations per piccolo segnale

In generale, la natura non lineare delle equazioni [13] e [14] rende necessario risolverle numericamente; una utile soluzione analitica può essere ottenuta in condizioni di piccolo segnale, in cui il laser è polarizzato sopra la soglia, I>I_{th} (dove I_{th} è la corrente di soglia ricavata dalla [11], avendo omesso per brevità i dettagli analitici) e modulato in modo che I_{m}<<I_{b}-I_{th}. Le suddette equazioni possono essere così linearizzate e risolte analiticamente in regime armonico, ricorrendo alle rispettive trasformate di Fourier, per una data forma arbitraria di f_{p}(t). La larghezza di banda di modulazione a piccolo segnale può essere ottenuta considerando la risposta a una modulazione sinusoidale a frequenza \omega _{m}, in modo che risulti f_{p}(t)=\mathrm{sin}(\omega _{m}t). L’uscita del laser è altresì modulata sinusoidalmente. La soluzione generale delle equazioni [13] e [14] è data da

P(t)=P_{b}+|p_{m}|\mathrm{sin}(\omega_{m}t+\theta_{m})\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[16],

N(t)=N_{b}+|n_{m}|\mathrm{sin}(\omega_{m}t+\psi_{m})\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[17],

dove P_{b} and N_{b} sono i valori a regime delle concentrazioni dei portatori alla corrente di polarizzazione I_{b}, |p_{m}| e |n_{m}| sono piccole variazioni che hanno luogo a causa della modulazione di corrente, e \theta_{m}, \psi_{m} compendiano il ritardo di fase associato alla modulazione di piccolo segnale.

Si dimostra che la forma del guadagno di potenza è data dalla seguente relazione:

H(\omega_{m})=\frac{p_{m}(\omega_{m})}{p_{m}(0)}=\frac{\Omega_{R}^{2}+\Gamma_ {R}^{2}}{(\Omega_{R}+\omega_{m}-i\Gamma_{R})(\Omega_{R}-\omega_{m}+i\Gamma_{R})}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[18],

dove \Omega_{R} e \Gamma_{R} sono dei parametri che tengono conto, rispettivamente, della frequenza e del tasso di smorzamento delle oscillazioni di rilassamento, giocando un ruolo importante relativamente all’andamento della risposta dinamica del laser; in particolare, si verifica una riduzione dell’efficienza del dispositivo quando la frequenza di modulazione è molto maggiore di \Omega_{R}. La risposta in frequenza [18] è piatta H(\omega _{m})\approx 1 per \omega_{m}<<\Omega_{R}, raggiunge il massimo per \omega_{m}=\Omega_{R} e si riduce bruscamente per \omega_{m}>>\Omega_{R}; questo andamento è dimostrato sperimentalmente per tutti i tipi di laser a semiconduttore. A tal riguardo, la Fig.10 mostra la risposta di modulazione per un laser DFB emittente a 1,55 µm per diversi valori di polarizzazione.


Fig.10 – Risposta di modulazione di un laser a semiconduttore DFB single-mode emittente a 1550 nm, per diversi valori di corrente di polarizzazione: le curve a tratto continuo corrispondono ai valori misurati, quelle tratteggiate sono valori calcolati [riadattato da Govind P. Agrawal – Fiber‐Optic Communication Systems].

La larghezza di banda di modulazione a 3 dB, f_{\mathrm{3dB}}, è definita come la frequenza alla quale |H(\omega _{m})| si riduce di 3 dB (ossia, di un fattore 2) rispetto al suo valore in corrente continua. L’equazione [18] fornisce un’espressione analitica per f_{\mathrm{3dB}} che, per la maggior parte dei laser in cui risulta \Gamma_{R}<<\Omega_{R}, si dimostra essere approssimabile dalla relazione

f_{\mathrm{3dB}}=\frac{\sqrt{3}\Omega_{R}}{2\pi }\approx \sqrt{K_{1}P_{b}}=\sqrt{K_{2}(I_{b}-I_{th})}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[19],

dove le costanti K_{1} e K_{2} compendiano dei parametri (come guadagno ottico e tempo di vita dei portatori di carica) non esplicitati per brevità. L’equazione [19] fornisce un’espressione molto semplice e compatta per la larghezza di banda di modulazione, mettendo in evidenza come f_{\mathrm{3dB}} aumenti con la radice quadrata del livello di polarizzazione, dipendenza sperimentalmente verificata per molti laser DFB che mostrano una larghezza di banda di modulazione fino a 30 GHz. Richiamando la Fig.10, si vede come f_{\mathrm{3dB}} possa essere incrementata fino a 24 GHz per una polarizzazione a 80 mA.

Relativity Intensity Noise (RIN)

Il segnale in uscita da un laser a semiconduttore mostra fluttuazioni nella sua intensità, fase e frequenza anche quando esso è polarizzato con una corrente costante a cui si sovrappongono fluttuazioni trascurabili. Come altresì introdotto qui, i due meccanismi di rumore fondamentali sono l’emissione spontanea (o rumore termico) e la ricombinazione elettrone-lacuna (shot noise); quello dominante nei laser a semiconduttore è il primo. Ogni fotone emesso spontaneamente aggiunge al campo coerente (associato all’emissione stimolata) una piccola componente di campo la cui fase è invece casuale, perturbando così sia l’ampiezza che la fase in modo randomizzato. Inoltre, i suddetti fenomeni di emissione spontanea si verificano in modo aleatorio a un tasso elevato (~1012 s-1) a causa di un valore relativamente grande di R_{\mathrm{sp}}. Il risultato netto è che l’intensità e la fase della radiazione ottica emessa mostrano fluttuazioni su una scala temporale anche breve, nell’ordine dei 100 ps; le fluttuazioni di intensità limitano il rapporto segnale-rumore, mentre quelle di fase causano una larghezza di linea spettrale di riga finita quando il laser viene alimentato a corrente costante. Proprio in virtù del fatto che tali fluttuazioni influenzano le prestazioni globali dei sistemi coerenti di comunicazione ottica, è importante stimarne opportunamente l’ordine di grandezza.

Le equazioni [13] e [14], assieme all’equazione differenziale, sopra citata, che modellizza la modulazione di fase, possono essere utilizzate per studiare il rumore nel laser introducendo, in ciascuna di esse, un termine di rumore noto come forza di Langevin, quindi F_{P}(t), F_{N}(t) e F_{\phi}(t) sommato alle suddette equazioni. Si assume che tali forze siano processi stocastici Gaussiani a media nulla e con funzione di autocorrelazione data nella seguente approssimazione Markoviana

\left \langle F_{i}(t)F_{j}(t') \right \rangle=2D_{ij}\delta (t-t')\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[20],

dove i,j=P,N,\phi, le parentesi acute denotano l’operazione di media e D_{ij} è chiamato coefficiente di diffusione. Il contributo preponderante al rumore nel laser proviene soltanto da due coefficienti D_{PP}=R_{\mathrm{sp}}P e D_{\phi \phi }=R_{\mathrm{sp}}/4P; gli altri sono trascurabili.

La funzione di autocorrelazione dell’intensità è definita come

C_{pp}(\tau )=\left \langle \delta P(t)\delta P(t+\tau ) \right \rangle/\bar{P}^{2}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[21],

dove \bar{P}\equiv \left \langle P \right \rangle è il valor medio e \delta P=P-\bar{P} rappresenta una fluttuazione infinitesima. La trasformata di Fourier di C_{pp}(\tau ) è esattamente lo spettro del RIN (Relativity Intensity Noise):

\mathrm{RIN}(\omega )=\int_{-\infty }^{+\infty }C_{pp}(\tau )e^{-i\omega \tau }\mathrm{d}t\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[22].

Il \mathrm{RIN}(\omega ) si può calcolare linearizzando rispetto \delta N e \delta P le equazioni [13] e [14], includenti le forze di Langevin, risolvendo il corrispondente sistema di equazioni lineari nel dominio della frequenza e mediando secondo la [20], ottenendo una formulazione discretamente complicata di tale parametro; la Fig.11 mostra lo spettro RIN calcolato in corrispondenza di vari livelli di potenza per un tipico laser InGaAsP emittente in terza finestra.


Fig.11 – Spettro RIN per diversi livelli di potenza per un laser a semiconduttore emittente a 1550 nm [riadattato da Govind P. Agrawal – Fiber‐Optic Communication Systems].

Il RIN è considerevolmente aumentato nell’intorno della frequenza di oscillazione di rilassamento \Omega_{R} ma diminuisce rapidamente per \omega >>\Omega_{R}, poiché il laser non è in grado di rispondere a fluttuazioni a frequenze così alte. In sostanza, il laser a semiconduttore agisce come un filtro passa-banda con larghezza di banda \Omega_{R} per le fluttuazioni dell’emissione spontanea. A una data frequenza, il RIN diminuisce con l’aumento della potenza del laser come P^{-3} a basse potenze, ma questo comportamento cambia con una dipendenza rispetto a P^{-1} ad alte potenze.

Il calcolo di C_{pp}(\tau ) non è banale ed omesso per brevità espositiva; ad ogni modo, la quantità di interesse pratico è l’SNR definito come \bar{P}/\sigma _{P}, dove \sigma _{P} è il valore quadratico medio del rumore. Dall’equazione [21], \mathrm{SNR}=\left [ C_{pp}(0) \right ]^{-1/2}; a livelli di potenza superiori a qualche milliwatt, l’SNR supera i 20 dB e migliora linearmente con la potenza come

\mathrm{SNR}=\sqrt{\frac{\epsilon_{\mathrm{NL}}}{R_{\mathrm{sp}}\tau_{p}}}\cdot \bar{P}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[23],

dove \epsilon_{\mathrm{NL}} è quel coefficiente moltiplicativo non lineare che causa la riduzione del guadagno G, come qui discusso. La formulazione [23] richiede un’opportuna modifica per potenze elevate; infatti, una formalizzazione più accurata mostra che l’SNR alla fine si stabilizza a un valore di circa 30 dB e diventa indipendente dalla potenza.

Larghezza della linea spettrale

Lo spettro della radiazione elettromagnetica emessa dal laser è dato dalla funzione di autocorrelazione del campo \Gamma _{EE}(\tau) attraverso un integrale di Fourier simile a quello [22], cioè,

S(\omega )=\int_{-\infty }^{+\infty }\Gamma_{EE}(t)e^{-i(\omega -\omega_{0})\tau }\mathrm{d}\tau\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[24],

dove \Gamma _{EE}(\tau)=\left \langle E^{*}(t)E(t+\tau ) \right \rangle e E(t)=\sqrt{P}e^{i\phi } è la componente di campo elettrico associata alla radiazione ottica. Trascurando le fluttuazioni di intensità, \Gamma _{EE}(t) è esprimibile nella forma

\Gamma_{EE}(t)=\left \langle e^{i\Delta \phi (t)} \right \rangle=e^\frac{-\left \langle \Delta \phi ^{2}(\tau ) \right \rangle}{2}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[25],

dove si assume che la fluttuazione di fase \Delta \phi (t)=\phi (t+\tau )-\phi (t) sia un processo stocastico Gaussiano. Il calcolo della varianza e della forma analitica dello spettro sono ancora una volta omessi per brevità e perché le forme finali sono lunghe formule “poco commestibili”; ciò che è di rilievo relativamente allo spettro è l’esistenza di un picco centrale dominante situato a \omega _{0} e molteplici picchi “satelliti” situati a \omega =\omega_{0}+m\Omega_{R}, con m intero, la cui ampiezza è tipicamente inferiore all’1% rispetto a quella del picco centrale. Semplificando il formalismo del problema matematico, si dimostra che la funzione di autocorrelazione \Gamma _{EE}(\tau) decade esponenzialmente con \tau, sicché l’integrale di Fourier [24] può essere calcolato analiticamente, trovando che lo spettro ha una distribuzione Lorentziana. La larghezza della linea spettrale (spectral linewidth), \Delta \nu è definita come la larghezza completa a metà altezza (full width at half maximum, FWHM) della suddetta Lorentziana, data da

\Delta \nu =R_{\mathrm{sp}}(1+\beta _{c}^{2})/(4\pi \bar{P})\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[26].

La larghezza della linea spettrale è incrementata di un fattore moltiplicativo pari a 1+\beta _{c}^{2} a causa dell’accoppiamento ampiezza-fase contemplato dal coefficiente \beta _{c} introdotto pocanzi.

L’equazione [26] mostra che \Delta \nu dovrebbe diminuire come \bar{P}^{-1} corrispondentemente a un aumento della potenza del laser. Tale dipendenza inversa è osservata sperimentalmente a bassi livelli di potenza (< 10 mW) per la maggior parte dei laser a semiconduttore, tuttavia, spesso si trova che la larghezza spettrale satura a un valore compreso tra 1 e 10 MHz ad un livello di potenza superiore a 10 mW. Si deve sottolineare, comunque, che la larghezza spettrale di riga della maggior parte dei laser DFB è tipicamente di 5-10 MHz, quando essi operano a un livello di potenza di 10 mW. Diversi meccanismi come fluttuazioni di corrente, rumore 1/f, variazioni non lineari del guadagno e dell’indice di rifrazione, nonché deboli interazioni con i side mode, sono stati invocati per spiegare questa saturazione. In generale, ad ogni modo, la larghezza spettrale di riga di molti laser DFB implementati nei sistemi di comunicazione DWDM commerciali è sufficientemente piccola da non essere un fattore eccessivamente limitante, ma deve certamente essere presa in debita considerazione nel calcolo complessivo delle prestazioni di sistema.


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