Come detto nelle conclusioni della precedente sotto-sezione, l’impiego della multiplazione a divisione di polarizzazione consente l’ulteriore raddoppio di capacità trasmissiva ed efficienza spettrale, in un sistema di trasmissione ottica coerente, sfruttando la capacità della fibra ottica di supportare la propagazione simultanea dei due stati di polarizzazione (SOP) mutuamente ortogonali associati al campo ottico guidato. Per chi se li fosse persi, i concetti relativi alla polarizzazione ottica sono stati trattati nel primo articolo della serie.
In questa sezione vengono quindi presentate varie architetture di modulatori PDM di ordine superiore per la generazione di segnali con bitrate pari a 100 Gbit/s per lunghezza d’onda DWDM.
Per completezza espositiva, è giusto tener conto del fatto che la bibliografia internazionale si riferisce alla suddetta tecnica con varie sigle, tutte equivalenti:
- PDM, acronimo di Polarization Division Multiplexing;
- PM, acronimo di Polarization Multiplexing;
- POL-MUX, acronimo di POLarization MUltipleX;
- DP, acronimo di Dual Polarization.
Quelli più utilizzati in questa trattazione saranno PDM e PM.
Per capire il principio di funzionamento della tecnica PDM, prendiamo come riferimento iniziale la soluzione proposta in questo articoloPurtroppo il documento è a pagamento, e ci siamo permessi di mostrarne sotto una copia, attirandoci il rischio di aver infranto un copyright. Speriamo di no! risalente al 1992; non deve sorprendere il fatto che la collocazione temporale dei primi studi sperimentali sulla tecnica PDM risalga proprio agli inizi anni ’90, cioé in piena quarta generazione relativamente ai sistemi di comunicazione in fibra. Infatti, in quel periodo era particolarmente sentito il problema noto come electronic bottleneck; specificamente, con lo sviluppo e il consolidamento dei sistemi ottici operanti a 1550 nm su fibre monomodali, le principali limitazioni prestazionali non erano più da imputare al dominio ottico, quanto al dominio elettronico.
In altre parole, nonostante l’enorme disponibilità di banda offerta dalla fibra ottica in terza finestra di trasmissione, la capacità rimaneva in gran parte inutilizzata perché l’elettronica, in quel momento, non era ancora in grado di modulare e rilevare segnali TDM a bit rate che iniziavano ad approcciare il gigabit per secondo. Sebbene sia stato il DWDM a risolvere, durante quel periodo storico, il “collo di bottiglia” elettronico, gli studi sulla PDM erano ormai avviati, intraprendendo un percorso parallelo “sotterraneo” che sarebbe poi esploso, come noto, un decennio dopo.
La Fig.1 mostra la versione semplificata del trasmettitore in diversità di polarizzazione proposto nel succitato articolo.

Fig.1 – Schematizzazione del trasmettitore ottico implementante tecnica PDM per la generazione di un segnale a 4 Gbit/s; TM e TE sono gli acronimi dei modi ortogonali trasverso-magnetico e trasverso-elettrico, G indica il guadagno dell’amplificatore nello stadio driver del modulatore ottico.
Un laser eroga una radiazione ottica polarizzata linearmente che viene suddivisa su due percorsi mediante un dispositivo optoelettronico denominato Polarization Beam Splitter, abbreviato PBS (il cui principio di funzionamento è approfondibile qui e qui) e inviata a due modulatori ottici che applicano una modulazione BPSK. Una lamina a mezz’onda (half-wave plate, i cui dettagli sono consultabili in questi due ottimi riferimenti, cioé qui e qui) è utilizzata per controllare la polarizzazione della radiazione in ingresso ai modulatori.
In pratica, il risultato della cascata lamina-PBS non è una duplicazione della portante ottica, ma una separazione della stessa portante in due componenti con polarizzazioni diverse. La lamina λ/2 ruota il piano di polarizzazione della luce che incide su di essa; se il fascio laser ha una polarizzazione definita (ad esempio lineare), la lamina λ/2 può ruotare l’angolo di polarizzazione senza cambiare altre caratteristiche del fascio, come ampiezza, frequenza o fase. Quando la luce ruotata incide sul PBS, questo separa la portante ottica in due componenti ortogonali: la componente con polarizzazione, ad esempio, orizzontale (H), viene trasmessa lungo l’asse del PBS, diretta a un modulatore; la componente con polarizzazione verticale (V) viene riflessa ad un angolo di 90 gradi e va al secondo modulatore.
I due flussi dati modulanti sono forniti da generatori di segnaleCon questo termine indichiamo una generica sorgente dati di laboratorio, mentre nella realtà operativa i dati provengono da un router della rete di overlay L2-L3 (quindi frame Ethernet che incapsulano pacchetti IP, ad esempio). binari, opportunamente amplificati per il pilotaggio e combinati in potenza con un clockLa “combinazione in potenza” significa che sia il segnale dati che il segnale del clock vengono iniettati nel segnale ottico in modo che possano viaggiare insieme sulla stessa portante ottica. Il clock viene aggiunto al segnale dati come una sorta di “tono pilota” a 2 GHz, utilizzato dal ricevitore per estrarre la portante ottica e recuperare la sincronizzazione necessaria per demodulare correttamente il segnale BPSK. per la sincronizzazione e ricostruzione dell’informazione al ricevitore. Dopo la modulazione, i segnali vengono ricombinati mediante un Polarization Beam Combiner, abbreviato PBC (qui un riferimento teorico generale sulla combinazione dei fasci laser che include, ovviamente, anche quella coerente di polarizzazione).
Per chi volesse approfondire seriamente il fantastico mondo della polarizzazione ottica (e relativi polarizzatori), consiglio questo corso del MIT.
Modulazione ottica PDM-QPSK
Le prime soluzioni (in ordine cronologico) implementanti la tecnica PDM, e capaci sia di utilizzare efficientemente lo spettro ottico disponibile della fibra, sia di mantenere una ragionevole robustezza nei confronti degli effetti dispersivi e non lineari del mezzo trasmissivo, hanno avuto un periodo di gestazione iniziato indicativamente intorno al 2004, e visto la luce 4-5 anni dopo. In particolare, in questa pubblicazione del 2009 si dimostra la possibilità di trasmettere ad una capacità complessiva di 16,4 Tbit/s trasmettendo flussi binari da 100 Gbit/s su 164 canali DWDM spaziati di 50 GHz50 GHz corrispondono ad una differenza di lunghezze d’onda di 0,4 nm. Infatti, le portanti sono centrate attorno f0 = 193 THz. Ricordando che λ = v⁄f0 e ponendo v ≃ c = 3 ⋅ 108 m/s, otteniamo che alla f0 corrisponde λ = 3 ⋅ 108 / 193 ⋅ 1012 = 1554 nm, mentre una spaziatura tre le f0 di 50 GHz equivale ad un Δλ = c(1⁄f2 − 1⁄f1) ≃ 0,4 nm. (secondo la canalizzazione a griglia fissa dell’ITU-T), nelle bande C ed L, modulando PDM-QPSK su una distanza di 2550 km e conseguendo un prodotto capacità per portata ottica di 16,4 Tbit/s x 2550 km = 41,8 x 10^15 = 41,8 Pbit/s per km.
Lo schema di massima del trasmettitore PDM-QPSK è illustrato in Fig.2.

Fig.2 – Schema di principio di un trasmettitore PDM-QPSK (ricostruito e tradotto da qui).
L’erogazione delle lambda DWDM è demandata a 164 laser DFB spettralmente suddivise in due insiemi alternati (82 + 82) afferenti alle bande C ed L; in ogni insieme, la radiazione ottica generata dai laser emittenti in banda C viene combinata con quella emessa in banda L attraverso un multiplatore C/L a mantenimento di polarizzazione o Polarization Mantaining Fiber (PMF), ossia un tratto di fibra ottica caratterizzato da un elevato tasso di birifrangenza, in modo tale da mantenere il segnale ottico nello stesso SOP di ingresso, commercialmente noto come polarization-mantaining DWDM module.
Ciascun insieme di lunghezze d’onda (un pettine con 82 denti) viene introdotto nel rispettivo modulatore ottico QPSK, con schema di principio già discusso. Ciascun modulatore, pilotato in laboratorio con due sequenze binarie PRBS (lunghe 215-1) a 27,75 Gbit/s lordi (equivalenti a 25 Gbit/s netti, escludendo la computazione del FEC), genera quindi due segnali ottici che trasportano ciascuno 82 simboli QPSK, uno per portante, ciascuno dei quali codifica due bit provenienti dai due flussi binari.
I due segnali ottici in uscita da ciascun modulatore sono funzione degli stessi due flussi in ingresso al modulatore, ma il secondo presenta una rotazione di polarizzazione ortogonale alla polarizzazione del primo.Ti stai chiedendo come mai i punti di costellazione non si sovrappongano? E’ perché, mentre la costellazione fa riferimento alla fase della portante ottica, e dunque lavora nel tempo, la polarizzazione descrive l’orientamento delle oscillazioni dell’onda luminosa, lavorando piuttosto nel dominio spaziale. Essi sono poi suddivisi su due tratti di fibra PMFPolarization Mantaining Fiber. Nella vita reale, le PMF sono anzitutto costosissime. Quelle esistenti, non PMF, non si possono sostituire in un batter d’occhio da un giorno all’altro, si pensi a quelle dei collegamenti sottomarini. La questione è che, per fortuna, non sono di così bassa qualità (ad esempio con un numero elevato di imperfezioni o impurità della silica nel core, stress meccanici eccessivi, ecc.) e, anche se eventualmente dovessero introdurre rotazioni della polarizzazione (a causa della birifrangenza), ci pensa il ricevitore coerente, con il suo bel DSP, a compensare la dispersione da polarizzazione. Quindi “il salvatore della situazione” è, alla fine di tutto, il demodulatore coerente! grazie ad un accoppiatore 3-dB (anch’esso a mantenimento di polarizzazione). Ciascun segnale in uscita dal modulatore convoglia 25 Gbps (netti) per portante, e dunque la velocità complessiva dei quattro segnali è di 100 Gbps per portante.
I dati modulati QPSK che si propagano lungo il percorso ottico inferiore in uscita dal modulatore vengono “ritardati”Il ritardo è applicato in modo da rendere i segnali, sui due percorsi di propagazione, statisticamente indipendenti in modo che, anche se derivanti dallo stesso flusso numerico, possano essere considerati come ottenuti da flussi diversi. Ancora una volta, in ricezione il “salvatore” è il DSP, che compensa tutto digitalmente, senza mettere pezzi di fibre compensatrici – un “assaggio” di questo approccio è stato già accennato nel primo articolo sull’evoluzione dei sistemi coerenti. di un migliaio di simboli, in una fibra PMF, rispetto a quelli che transitano lungo l’altro cammino, prima di essere multiplati in diversità di polarizzazione attraverso un PBC, generando così canali DWDM modulati PDM-QPSK, ciascuno con velocità di trasmissione lorda pari a
27,75\,\,\,[\text{Gbaud}=\text{Gsimboli/s}]\times 4\,\,\,[\text{bit/simbolo}]=111\,\,\,[\text{Gbit/s}],
ossia 100 Gbit/s netti.
Modulazione ottica PDM-8QAM
Per discutere il formato di modulazione PDM-8QAM, partiamo prima discutendo la proposta teorica del modulatore 8QAM (per singolo SOP della portante) illustrato in Fig.3, relativo all’implementazione pubblicata nel febbraio 2010.

Fig.3 – Illustrazione dello schema di principio del modulatore 8QAM (estratto da qui).
Specificamente, il modulatore 8QAM proposto consiste di una versione leggermente modificata del modulatore IQM, indicata con la sigla DPMZM (Dual Parallel Mach-Zehnder Mod.); i due MZM in parallelo sono entrambi polarizzati nel punto a minima trasmittanza, ma ricevono differenti tensioni di pilotaggio: MZM1 è pilotato con un segnale avente escursione completa picco-picco di 2V_{\pi}, mentre MZM2 con un segnale avente escursione di 0,7V_{\pi}. Si osservi inoltre che, a valle dell’MZM2 in quadratura, un rotatore di fase introduce uno sfasamento di \pi /4 radianti e un unico PM introduce un ulteriore sfasamento di \pi /2 radianti per ottenere la costellazione finale di un segnale 8QAM, come mostrato in Fig.4.

Fig.4 – Costruzione del piano di costellazione 8QAM secondo la tecnica di modulazione ottica illustrata in Fig.3 (riadattata da qui).
Il metodo proposto, sebbene permetta di generare segnali ottici 8-QAM utilizzando modulatori disponibili commercialmente e controllabili con segnali elettrici binari, potrebbe avere due potenziali problemi quando utilizzato in un sistema reale:
- MZM2 è modulato con una tensione di 0,7V_{\pi}, quindi poco tollerante agli effetti di limitazione della bandaintendendo la banda passante sia dell’amplificatore elettronico di pilotaggio che quella di risposta elettro-ottica del modulatore laterale del trasmettitore rispetto al caso usuale con pilotaggio pari a 2V_{\pi}; questo è dovuto al fatto che l’MZM ha una risposta elettro-ottica non lineare del tipo \text{sin}(0,5\pi V^{*}/V_{\pi}) quando polarizzato nel punto minimo di trasmittanza, dove V^{*} denota la tensione applicata agli elettrodi.
- Il PM posto in cascata al DPMZM trasferisce linearmente il jitter d’ampiezza del segnale elettrico modulante in jitter di fase del segnale ottico (in accordo con la questione del trasferimento di rumore dal dominio elettronico a quello ottico già discussa).
Queste due limitazioni sono risolte apportando la seguente modifica (Fig.5) architetturale allo schema Fig.3.

Fig.5 – Modulatore 8-QAM modificato rispetto a quello proposto in Fig.3 (estratto da qui).
Nella versione di Fig.5, lo sbilanciamento in termini di modulazione di ampiezza richiesta tra i rami superiore e inferiore del DPMZM è ottenuto introducendo un’attenuazione di potenza di 5,7 dB nel braccio inferiore (o in quello superiore): in questa maniera, è possibile pilotare sia MZM1 che MZM2 con un’escursione completa da picco a picco di 2V_{\pi}; inoltre, in cascata al DPMZM viene introdotto un PM in cui la modulazione di fase (0,\pi/2) è ottenuta facendo interferire il segnale modulato MZM (0,\pi ) con una ulteriore sorgente laser (non mostrata in figura), sfasata di \pi/2.
La Fig.6 schematizza l’implementazione effettiva per la generazione di un segnale PDM-8QAM a 114 Gbit/s lordiCome si arriva a questo numero? Basta fare 19 Gbps * 3 flussi = 57, e poi per due polarizzazioni, si arriva a 114 per singola lambda DWDM, codificato RZ.

Fig.6 – Setup sperimentale per la generazione di un segnale modulato PDM-8QAM con bitrate lordo a 114 Gbit/s (estratto da qui). – VOA: Variable Optical Amplifier
Modulatore riconfigurabile 8-PSK/8-QAM
Il titolo si riferisce all’interessante soluzione mostrata in Fig.7 e descritta in questo lavoro del 2012.

Fig.7 – Principio di funzionamento del trasmettitore 8-ario riconfigurabile proposto per generare costellazioni: (a) 8-PSK e (b) 8-QAM (riadattato da qui).
I due modulatori IQ-1 e IQ-2 sono di nuovo basati sulla nota architettura IQM. In linea di principio, un’arbitraria costellazione 2-PSKdagli autori dell’articolo indicata disinvoltamente 2QAM, e come tale riportata in fig. 7 è sintetizzabile utilizzando un IQM “sotto-pilotato” (IQ-1 in Fig.7) con due flussi binari complementari \text{D1} e \overline{\text{D1}} mappati su segnali di tensione, della medesima ampiezza, e che agiscono su entrambi i bracci del modulatore (modalità bilanciata). E’ così possibile ottenere due simboli di modulazione con ampiezza costante e un certo angolo relativo (una PSK binaria, appunto).
In particolare, come mostrato nella prima costellazione di Fig.7a), si genera uno sfasamento ottico di 45° quando IQ-1 è pilotato da segnali complementariOvvero tali per cui se \text{D1}=1 allora \overline{\text{D1}}=0 e viceversa \text{D1} e \overline{\text{D1}} a cui si associano tensioni di pilotaggio di 0,7V_{\pi} su ambo i rami; se le ampiezze di tensione differiscono, ad esempio 0,8V_{\pi} per \text{D1} e 0,6V_{\pi} per \overline{\text{D1}}, viene sintetizzata una costellazione 2-PSK con un angolo di fase relativo di 45° e una differenza di potenza di circa 5 dB, come mostrato nella prima costellazione di Fig.7b).
IQ-2 è polarizzato per generare un segnale QPSK: in pratica, esso introduce quattro rotazioni di fase sul segnale 2QAM generato da IQ-1, mappandolo così (sia nel caso di pilotaggio bilanciato che sbilanciato) su tutti e quattro i quadranti del piano complesso ottenendo così costellazioni complete 8PSK o 8QAM per singolo SOP, combinabili (come ormai noto) per ottenere il formato PDM desiderato.
Modulazione ottica PDM-16QAM
La Fig.8 riporta lo schema di principio per la generazione di un segnale PDM-16QAM, secondo l’approccio proposto in questo lavoro del 2012.

Fig.8 – Schema di principio di un trasmettitore coerente per la generazione di un segnale PDM-16QAM (estratto da qui).
Un generatore di bit produce quattro sequenze PRBS di 215-1 bit a velocità 14 Gbit/s, per un totale di 14*4 = 56 Gbit/s, amplificate utilizzando driver elettronici ad alta velocità. Per ciascun ramo (I e Q), uno dei flussi binari di pilotaggio viene interpretato come bit più significativo (MSB, Most Significant Bit) di un convertitore digitale-analogico (DAC, Digital-to-Analog Converter) a 2 bit, mentre l’altro è attenuato (in potenza) di 6 dB, a cui corrisponde il dimezzamento di ampiezza che compete al LSB (Least Significant Bit) del DAC. Quest’ultima funzione è espletata combinando resistivamente gli stream MSB e LSB. In fig. 8 per il flusso LSB è anche mostrata l’introduzione di un ritardo, indicato (ambiguamente) con un circoletto, di nuovo con lo scopo di decorrelare temporalmenteQui siamo nel dominio elettrico, quindi il ritardo sarà implementato mediante registri a scorrimento. i due flussi.
L’applicazione di questi segnali multilivello all’IQM consente di ottenere una costellazione 16-QAM come quella mostrata in Fig.8, in cui sono anche riportati i diagrammi ad occhio sia dei quattro livelli di tensione di pilotaggio (relativa al ramo in fase) che quello del segnale modulato 16-QAM con i suoi tre livelli di intensità corrispondenti ai tre anelli che compongono la costellazione quadrata.
Modulazione ottica PDM-64QAM
Sebbene esistano diverse modalità implementative per un modulatore PDM-64QAM, qui prendiamo ad esempio quella proposta in questo lavoro del 2012 (di libero accesso ed a cui si rimanda per gli approfondimenti), dove sono illustrati gli esperimenti volti a raggiungere la velocità di 240 Gbit/s mediante modulazione PDM-64QAM, e che anziché combinare due modulatori ad 8 livelli, ne concatena uno 16QAM a cui ne segue un secondo QPSK. La velocità di 240 Gbit/s viene conseguita ripartendo 120 Gbit/s per ciascuno dei due modi ortogonali di polarizzazione, dal cui flusso vengono prelevati 6 bit a simbolo, portando così la velocità di segnalazione a 20 Gbaud.
La Fig.9 ne riporta lo schema di funzionamento: il primo modulatore è di tipo IQM ed accetta quattro bit/simbolo, ognuno di quali pilota un diverso modulatore di fase, in una modalità detta Dual Drive, producendo un segnale ottico 16QAM con un offset che porta la costellazione al primo quadrante del piano complesso. Il segnale ottico attraversa quindi il secondo modulatore di tipo QPSK e che accetta ulteriori due bit, in base ai quali il segnale 16QAM viene ruotato sui quattro quadranti, ottenendo così la costellazione 64-QAM desiderata.

Fig.9 – Struttura a blocchi di trasmettitore PDM-64-QAM (fonte).
La realizzazione effettiva del dispositivo prevede anche una sagomatura RZ dell’impulso ottico allo scopo di ridurre l’interferenza intersimbolica. In Fig.10 viene riportato il set-up di laboratorio, in cui il segnale ottico risultante a 120 Gbit/s è sdoppiato in modo da duplicare la velocità di trasmissione: infatti, le due copie vengono ricombinate in polarizzazione ortogonale, dopo che una delle due è stata opportunamente ritardata otticamente così da rendere statisticamente indipendenti i due segnali ottici, combinati in multiplazione di polarizzazione.

Fig.10 – Schema di principio del modulatore PDM-64-QAM (fonte).
Utilizzando tecniche di equalizzazione adattiva al lato ricevente si è dimostrata sperimentalmente la possibilità di trasmettere a 120 e 240 Gbit/s, conseguendo un BER di 2,4 x 10-2, in presenza di un OSNR (Optical Signal-to-Noise Ratio) pari a 20,2 o 23 dB rispettivamente, che è solamente di 3,5 dB peggiore del limite teorico.
Efficienza spettrale delle modulazioni PDM
Come citato più volte nel corso della discussione, le reti fotoniche di trasporto sono state progressivamente aggiornate per supportare bitrate sempre più elevati, necessari a soddisfare i requisiti di banda dettati da una sempre più ampia varietà di servizi Internet ad alte prestazioni. Ma cosa intendiamo dire esattamente con “aggiornare una rete fotonica”? Ci sono due possibilità:
- Rinnovare integralmente tutta l’esistente infrastruttura in fibra ottica, compresi i vari sistemi di amplificazione e rigenerazione, con cavi aderenti ai più recenti standard, certamente migliorativi in termini di tolleranza alle dispersioni e alle non linearità; questo per incrementare soprattutto il rapporto segnale-rumore ottico (OSNR) del collegamento ottico il quale, anche se non esplicitamente detto finora, si riduce all’aumentare del numero dei simboli di costellazione modulati sulla portante. E’ fin troppo evidente che un tale approccio, specialmente in ambito sottomarino, è oltremodo economicamente insostenibile.
- Si cerca di mantenere invariata la preesistente base installata e si punta a ingegnerizzare soluzioni per massimizzare l’efficienza spettrale (e quindi la capacità trasmissiva); il che, sebbene si tratti di un approccio ragionevolmente meno oneroso in termini di costi e tempi di implementazione, non è esente da grattacapi per chi deve, in buona sostanza, capire come poter “spremere all’osso”, in termini ingegneristici, la disponibilità di spettro residua in banda convenzionale DWDM (banda C). Ed effettivamente le modulazioni di ordine superiore e la tecnica PDM, discusse finora, fanno parte del ventaglio di soluzioni applicabili per raggiungere lo scopo.
ROADM (Reconfigurable Optical Add-Drop Multiplexer)
La maggior parte delle esistenti infrastrutture di comunicazione ottica in tecnologia DWDM opera con una spaziatura inter-canale pari a 50 GHz, in conformità al già citato standard ITU-T G.694.1: perché esattamente 50 GHz? Perché questo è il valore della larghezza di banda dei filtri ottici, integrati negli elementi di rete DWDM deputati all’instradamento ottico delle lunghezze d’onda, i cosiddetti ROADM (acronimo di Reconfigurable Optical Add-Drop Multiplexer); per la precisione, un ROADM basa il suo funzionamento su una matrice di filtri selettivi in lunghezza d’onda chiamati WSS (acronimo di Wavelength Selective Switch), come mostrato in Fig.11 e descritto nella relativa didascalia.

Fig.11 – a) Schematizzazione logica di un WSS operante in modalità multiplexer: il WSS seleziona qualsiasi insieme di lambda da qualsiasi porta di ingresso e le indirizza alla sua porta di uscita. b) Schematizzazione logica di un WSS operante in modalità demultiplexer: il WSS seleziona qualsiasi insieme di lambda dalla sua porta di ingresso e le direziona verso qualsiasi delle sue porte di uscita. c) Architettura fisica di un WSS operante in modalità demultiplexer: un segnale DWDM in ingresso, dopo aver attraversato uno stadio ottico di front-end (principalmente un sistema di lenti) viene demultiplato in lunghezza d’onda mediante un reticolo di diffrazione e, tramite uno stadio ottico di back-end, queste vengono focalizzate verso uno specchio (fabbricato in tecnologia MEMs o LCoS) che le riflette spazialmente indietro (in base, ovviamente, alla lunghezza d’onda incidente) verso tutta la catena fino a raggiungere l’opportuna porta di uscita (riadattato e tradotto da qui).
La combinazione di più WSS ed, eventualmente, di divisori ottici di potenza, consente di realizzare le due più comuni configurazioni di ROADM, schematizzate in Fig.12 e relativa didascalia.

Fig.12 – Architetture di ROADM: a sinistra, in configurazione Route and Select (R&S) in cui è presente un WSS per ogni fibra di ingresso e un WSS per ciascuna fibra di uscita; a destra, in configurazione Broadcast and Select (B&S), in cui è presente uno splitter 1:N per ciascuna fibra di ingresso e un WSS per ogni fibra di uscita. Nel ROADM R&S, una fibra di ingresso è connessa a un WSS (in modalità demultiplexer) che direziona le lunghezze d’onda filtrate verso le uscite desiderate dove un corrispettivo WSS (in modalità multiplexer) multipla sulla fibra di uscita direttamente connessa. Nel ROADM B&S, lo splitter di potenza replica il segnale DWDM, proveniente dalla fibra di ingresso ad esso connessa, in tutte le sue uscite interconnesse verso i WSS che selezionano la porzione desiderata di spettro da trasmettere nelle fibre di uscita, agendo sempre da multiplexer. Il ruolo delle porte “add” e “drop” è quello “ordinario” ereditato dagli ADM della rete SDH, ovvero di inserimento/rimozione lambda nel/dal nodo sorgente/destinazione (riadattato e tradotto da qui).
Quindi, le operazioni selettive in lunghezza d’onda finora descritte avvengono proprio con un filtraggio passa-banda pari a 50 GHz, corrispondente alla suddetta spaziatura intercanale \Delta \lambda_{ch} (equivalente approssimativamente a 0,4 nmSi veda il tooltip più sopra, considerando l’operatività dei sistemi DWDM in banda C a 1550 nm).
Compromesso banda-lunghezza
Assumendo un tratto di fibra ottica di lunghezza L utilizzato per trasmettere contemporaneamente N canali DWDM con bitrate B_{1}, B_{2}, …, B_{N}, la velocità di trasmissione complessiva è data dalla somma B=B_{1}+B_{2}+...+B_{N}; nel caso comune in cui B_{1}=B_{2}=...=B_{N}, la capacità trasmissiva del sistema DWDM viene ovviamente aumentata di un fattore N. L’ovvietà di queste considerazioni serve a sottolineare come i parametri di progettazione cruciali siano proprio il numero di canali N, il bitrate B a cui ogni canale opera e la separazione in frequenzaUn’approfondita discussione sulla relazione tra intervalli di lambda (nm) ed intervalli frequenziali (GHz) sarà affrontata in una futura pagina dedicata., \Delta \lambda_{ch}, tra canali adiacenti.
La capacità totale del sistema sistema è indicata da NB, mentre la larghezza di banda totale impegnata da un sistema di comunicazione ottica DWDM cui è applicata la griglia fissa ITU-T è indicata dal prodotto N \times \Delta \lambda_{ch}; l’efficienza spettrale \eta _{s} assume quindi l’espressione (già vista, ma che riportiamo per comodità):
\eta_{s}=\frac{B}{\Delta \lambda_{ch}}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,[1]
Per aumentare B e dunque \eta_{s} nel rispetto della griglia a 50 GHz occorre ricorrere agli ordini di modulazione più elevati, secondo lo schema
bitrate B [Gbit/s] | modulazione | \eta_{s} [bit/s/HzIn realtà quella definita dalla [1] si potrebbe misurare in bit/s/nm ma, visto che la relazione tra frequenza (Hz) e lunghezza d’onda (nm) è inversamente proporzionale, è invalso l’uso di esprimere l’efficienza spettrale come \eta_{s}=\frac{B}{W}, in cui W è l’equivalente in Hz di \Delta \lambda_{ch} calcolato attorno alla \lambda centrale] | bit/s/Hz per SOP | banda per canale W [GHz] |
---|---|---|---|---|
100 | PDM-QPSK | 4 | 2 | 50 |
150 | PDM-8QAM | 6 | 3 | 50 |
200 | PDM-16QAM | 8 | 4 | 50 |
In Fig.13 sono mostrate l’efficienza spettrale (per motivi di scala, sono riportati i valori per singolo SOP), a diversi bit rate, per i tre schemi PDM appena citati.

Fig.13 – Efficienze spettrali (per singolo SOP) vs. velocità di trasmissione per tre formati di modulazione PDM: l’aumento dell’ordine di modulazione, ossia la possibilità di mappare più bit per simbolo di segnalazione, comporta un miglioramento dell’efficienza spettrale (riadattato e tradotto da qui).
Come anticipato, all’aumentare dell’ordine di modulazione ed a parità di lunghezza di tratta, le prestazioni in termini BER peggiorano, e per mantenerle invariate, occorre ricorre a tratte più brevi. La Fig.14 permette di apprezzare la relazione tra lunghezza di tratta, formato di modulazione, e capacità trasmissiva, calcolata quest’ultima per un sistema trasmissivo DWDM da 80 canali per cui ad una velocità di 100 Gbit/s per canale corrisponde una capacita aggregata di 8 Tbit/s.

Fig.14 – Capacità trasmissiva del sistema DWDM vs. portata ottica per tre formati di modulazione PDM: la portata ottica conseguibile si riduce all’aumentare dell’ordine di modulazione, mentre la capacità trasmissiva del sistema aumenta drasticamente (riadattato e tradotto da qui).
Dal confronto tra le Figg.13-14 è palese come non esista il formato di modulazione ottimo, in senso assoluto, in quanto:
- maggiore è l’efficienza spettrale, minore è la portata ottica a causa della maggiore sensibilità al rumore;
- maggiore è la capacità trasmissiva (spesso dovuta a una maggiore efficienza spettrale), minore è la portata ottica conseguibile, ossia si riduce la distanza massima su cui un segnale può viaggiare senza che la qualità del segnale diventi inaccettabile;
- i formati di modulazione PDM di ordine superiore offrono una maggiore capacità trasmissiva ma richiedono un segnale “più pulito”, riducendo così la portata ottica.
E’ necessario allora addivenire a un compromesso tra le tre metriche nella scelta del formato di modulazione PDM, in un sistema DWDM a griglia fissa, che tenga conto delle specifiche esigenze della rete fotonica e della qualità del servizio che si vuole offrire. Pertanto:
- PDM-QPSK è preferibile per le lunghe distanze e per sistemi che richiedono maggiore robustezza al rumore, che è il caso tipico dei collegamenti sottomarini;
- PDM-8QAM offre un buon compromesso tra capacità e portata e quindi va valutato caso per caso;
- PDM-16QAM è adatto per reti a breve distanza che necessitano della massima capacità trasmissiva.
Un sistema DWDM operativo a griglia fissa viene fatto funzionare in modo che il numero di canali N sia compreso tra 80 e 90 e lo stesso bitrate B sia utilizzato per ciascun canale, ad esempio 100 Gbit/s; quindi, per un formato di modulazione PDM-QPSK, la capacità complessiva del sistema è pari a 8-9 Tbit/s. Allo stesso modo, la capacità di sistema per schemi PDM-8QAM e PDM-16QAM è di 12-13,5 Tbit/s e 16-18 Tbit/s per velocità tramissive di 150 e 200 Gbit/s, rispettivamente.
Coesistenza con i sistemi DWDM
Una volta in possesso dei valori di efficienza spettrale, è possibile fare qualche calcolo numerico per capire se e come, all’aumentare del bitrate per canale DWDM, sia ancora possibile sfruttare al massimo le preesistenti reti fotoniche con griglia fissa a 50 GHz; dunque, fissando ancora una volta il bitrate a 100 Gbit/s per canale, la larghezza di banda occupata da ciascun canale risulta:
bitrate [Gbit/s] | modulazione | efficienza [bit/s/Hz] | banda [GHz] |
---|---|---|---|
100 | PDM-QPSK | 4 | 25 |
100 | PDM-8QAM | 6 | 16,67 |
100 | PDM-16QAM | 8 | 12,5 |
Dall’analisi dei valori ottenuti è quindi possibile fare il routing di segnali modulati con tecnica PDM a 100 Gbit/s sulle esistenti reti fotoniche DWDM cui è applicata la griglia fissa a 50 GHz.
Cosa succede se la velocità di trasmissione aumenta, in accordo con la crescita super-esponenziale del traffico Internet, a 200 Gbit/s, o ancora a 400 Gbit/s o, addirittura, a 1 Tbit/s? Per questi bitrate generalmente si passa a ordini di modulazione più elevati, partendo dalla PDM-16QAM e passando per PDM-64QAM e/o PDM-256QAM, per le quali il valore di efficienza spettrale è pari a
modulazione | efficienza [bit/s/Hz] |
---|---|
PDM-64QAM | 12 |
PDM-256QAM | 16 |
Per trasmettere a 200 Gbit/s per canale DWDM, si tende ancora a mantenere il PDM-16QAM ma anche il formato PDM-64QAM, da cui discende che le larghezze di banda richieste siano:
bitrate [Gbit/s] | modulazione | efficienza [bit/s/Hz] | banda [GHz] |
---|---|---|---|
200 | PDM-16QAM | 8 | 25 |
200 | PDM-64QAM | 12 | 16,67 |
Con una spaziatura di 50 GHz, sia PDM-16QAM che PDM-64QAM possono teoricamente essere utilizzati come formati per 200 Gbit/s senza sovrapposizioni tra i canali; in pratica, si è già al limite della reale esercibilità in campo, in quanto bisogna considerare parametri come il roll-off dei filtri di trasmissione e le bande di “sicurezza” (guard band) tra canali adiacenti.
Per trasmettere a 400 Gbit/s, la situazione diventa ancora più complessa; considerando che a questo bitrate si usano le modulazioni PDM-64QAM e/o PDM-256QAM, l’occupazione spettrale assume i seguenti valori:
bitrate [Gbit/s] | modulazione | efficienza [bit/s/Hz] | banda [GHz] |
---|---|---|---|
400 | PDM-64QAM | 12 | 33,33 |
400 | PDM-256QAM | 16 | 25 |
Anche con PDM-64QAM e/o PDM-256QAM, il segnale a 400 Gbit/s può teoricamente adattarsi in una griglia di 50 GHz, ma nella realtà applicativa è praticamente “fantascientifico” pensare di esercire un sistema DWDM con una distanza molto stretta tra i canali, rendendo la trasmissione estremamente suscettibile a interferenze inter-canale (ICI, acronimo di Inter-Channel Interference) e seri problemi di distorsione del segnale.
Sia a 800 Gbit/s che a 1 Tbit/s, si usano ancora i formati PDM-64QAM e/o PDM-256QAM, anche perché l’elettronica a supporto di un formato PDM-1024QAM è difficilmente realizzabile con i dispositivi attualmente disponibili in commercio, e l’OSNR sarebbe oltremodo degradato. A questi bitrate, conti alla mano, l’impegno spettrale risulta essere:
bitrate [Gbit/s] | modulazione | efficienza [bit/s/Hz] | banda [GHz] |
---|---|---|---|
800 | PDM-64QAM | 12 | 66,67 |
1000 | PDM-64QAM | 12 | 83,33 |
800 | PDM-256QAM | 16 | 50 |
1000 | PDM-256QAM | 16 | 62,5 |
E’ superfluo dire che per questi elevati valori di velocità di trasmissione, anche da un punto di vista teorico, la griglia fissa a 50 GHz non è più praticabile.
Conclusioni
Per gestire velocità di trasmissione dai 200 Gbit/s a 1 Tbit/s, è necessario adottare soluzioni alternative alla griglia fissa a 50 GHz e senza dubbio più avanzate per essere supporate sulle reti fotoniche DWDM.
Una prima soluzione è l’uso della griglia flessibile (flexible grid), standardizzata sempre nella specifica ITU-T G.694.1 aggiornata al 2012, con spaziature dei canali configurabili come slot di frequenza multipli di 12,5 GHz; le due griglie sono messe a confronto in Fig.15.

Fig.15 – Confronto tra griglia fissa e griglia flessibile (entrambe standardizzate nella specifica ITU-T G.694.1): a) canali da 10 e 100 Gbit/s coesistono in una rete a griglia fissa da 50 GHz, mentre quelli a 400 Gbit/s non sono supportabili; b) canali con velocità da 10 fino a 1 Tbit/s possono coesistere con un’allocazione ottimale dello spettro.
Questo risultato è stato reso possibile dal contestuale avanzamento tecnologico nel campo dell’industria optoelettronica, che ha permesso di fabbricare (e anche di commercializzare a costi comunque contenuti) WSS capaci di allocare canali ottici su differenti larghezze di banda, integrati all’interno di cosiddetti ROADM “elastici” (facenti parte del contesto più generale delle Elastic Optical Networks – anche qui e qui). Pertanto, da un punto di vista infrastrutturale, si tratta “solo” di aggiornare gli attuali ROADM a griglia fissa con i suddetti elastic ROADM, senza toccare di fatto le fibre ottiche già posate.
La seconda soluzione, che in realtà non è alternativa alla prima ma, anzi, decisamente complementare, è l’utilizzo dei superchannel: ma di questi (e di molto altro) ne parleremo estesamente nella prossima puntata…
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