Delivery Rider

L’esame a domicilio

Ritengo che la sigla DAD dovrebbe essere più propriamente letta come Didattica a Domicilio, anziché a Distanza. La maturità raggiunta dagli strumenti telemediali crea infatti un effetto di prossimità così potente, da annullare di fatto la distanza percepita tra docente e studenti, un po’ come essere l’uno a casa degli altri (o viceversa). In fin dei conti, non è molto diverso dal principio su cui si basa la televisione, i cui anchor man finiscono per diventare persone di famiglia. Viceversa, il termine didattica a distanza sembra quasi voler esorcizzare il concetto, come a volerlo prendere con le pinze a molla, e relegare questo nuovo e potente strumento di presenza virtuale al rango di una noia a malapena sopportata, da limitare nel tempo allo stretto necessario per affrontare il Virus.

La realtà invece è che le lezioni in videoconferenza si caratterizzano per una maggiore assiduità di quelle dal vivo, visto che non dovendosi spostare da casa, gli studenti sono estremamente facilitati a presenziare alla lezioni; non solo, ma anche il livello di interazione appare migliore, probabilmente perché l’anonimato consentito dal tenere la webcam spenta aiuta a vincere la timidezza, e la remora di essere ricordati dal prof come dei solenni rompiscatole. Da questo punto di vista, l’effetto di prossimità supera di gran lunga quello degli Anchor Man televisivi, con i quali al contrario non è possibile interagire. Infine è evidente come non esista più il problema delle aule affollate dai cui ultimi banchi non si vede o non si sente, e tantomeno quello degli studenti in piedi.

Anche se i decreti e le dichiarazioni alla stampa fanno sembrare che le università stiano riaprendo, in realtà la questione di chi debba provvedere alla sanificazione degli ambienti (i docenti stessi?) ed alle misure di prevenzione per il pubblico (e per i docenti??) resta aperta e non molto studiata, così come la gestione del distanziamento quando le aule disponibili sono insufficienti. Al punto che probabilmente, dopo gli esami della sessione primaverile rivolta ai fuori corso, anche i primi appelli di giugno potrebbero dover essere svolti in modalità DAD. Ogni ateneo si è adoperato ad emettere ognuno un diverso decreto (copiandosi a vicenda) che definisca le modalità con cui svolgere tali esami distanziati, con l’intento primario di salvaguardarsi da eventuali possibili ricorsi. Spesso la scelta consigliata è ricaduta su piattaforme di e-learning preesistenti (ad es. Exam.net o Moodle), che incentrano tutto su di una interfaccia web coadiuvata da meccanismi di blocco del computer dello studente (SEB), al fine di impedirgli la navigazione e di comunicare.

Seguendo questo approccio però si crea di fatto una inutile sovrastruttura per aggirare il problema della mancanza del controllo visivo possibile in presenza, quando in realtà tale problema non esiste! Come fatto notare sopra, la capacità degli attuali strumenti telemediali di sviluppare una prossimità virtuale assai più stringente di quanto accade in presenza consente di svolgere esami a domicilio senza dover minimamente modificare le prassi consolidate per lo svolgimento di una prova di esame in presenza. Mi riferisco alle fasi della distribuzione della traccia, di ascolto delle perplessità degli studenti, di controllo visivo del loro ambiente di lavoro e del desktop del loro computer, di consegna degli elaborati, della loro correzione, e restituzione.

Download procedura di esame a domicilio

Detto fatto, ho sviluppato la mia personale linea-guida (clicca l’icona di lato) che spiega come svolgere esami scritti a domicilio utilizzando Zoom come strumento principale di interazione e controllo, e Google Drive per l’erogazione della traccia e la consegna degli elaborati, funzione implementabile anche con gli strumenti nativi di Classroom. Non serve molto altro, tutto il resto è fuffa che dal secolo scorso tenta di contaminare il presente.

Fino ad oggi lo schermo del TV è stato proprietà dei mezzi di informazione, intrattenimento, sport e pubblicità. E’ giunta l’ora di riconquistare gli schermi, entrarci noi con le nostre fattezze e riappropriarci della facoltà di comunicare verbalmente, che sembriamo quasi aver smarrito nella messe dei messaggini e delle chat.

Photo by Kai Pilger on Unsplash

Un commento

  1. In questo commento riporto una analisi per gradi successivi che motiva le scelte illustrate nel PDF della procedura di esame. Nel lavorarci, mi sono letteralmente fatto in quattro!


    Sicuramente Classroom è il modo più semplice ed immediato di erogare la traccia e ritirare gli elaborati, che appaiono sì in cartelle separate, ma solo dall’interfacccia grafica di Classroom, perché in realtà giacciono tutti in una unica cartella del Drive (della classroom), con nome uguale a quello dato al compito. Inoltre la grande comodità di Classroom è la possibilità di svolgere le correzioni direttamente on-line, inserendo commenti via tastiera riferiti a “zone” dell’elaborato.

    Ho inoltre verificato che i compiti consegnati con Classroom restano accessibili dagli studenti nel “loro” Drive e condivisibili, per cui se qualcuno (molto bravo) consegna prima degli altri, potrebbe diffondere il link alla sua soluzione. Ciò invece non succede facendo consegnare direttamente nel Drive, bypassando Classroom, dopo aver creato una cartella per ogni studente, condivisa solo con lui. Inoltre la consegna su Drive permette l’uso della funzione “scansione” della app Drive, che crea un unico PDF a partire da più immagini, che non rimangono nel telefono – peccato che la scansione sia possibile solo con Android, mentre la app Drive di iOS può solo caricare foto (o files), come con la Classroom.

    Per quanto riguarda il controllo del desktop, ho constatato una instabilità di tale condivisione quando fatta con Meet, che a volte smette di aggiornarsi per lunghi periodi, mentre al contrario la condivisione schermo di Zoom non ha mai fatto una piega.

    Sicuramente l’uso del QR-code di Exam.net scongiura che il compito sia consegnato da un compare, anche se l’uso combinato di una password di lettura per la traccia (che impedisce a terzi di accedervi) e di un codice univoco da riportare sui fogli credo siano sufficienti a scongiurare tale possibilità, peraltro a mio avviso remota. E qui scatta un altro vantaggio di Zoom, che è quello di poter configurare la chat solo tra docente e studenti (broadcast o unicast) e non tra di loro, consentendo di comunicare password e codice univoco via chat, letta solo dai presenti. A questo punto lo studente, sotto lo sguardo di due telecamere e con il desktop osservato, dovrebbe tirar fuori un terzo device con il quale confidare bellamente i due segreti all’esterno. A tal fine ritengo che la consapevolezza che la sessione video è registrata possa scongiurare simili ingenuità.

    Personalmente ritengo che il blocco dello schermo sia a questo punto superfluo, potenziale fonte di problemi con classi numerose, e che di fatto complichi la gestione dei microfoni, che dovrebbero restare a priori tutti accesi (con aumento del rumore per tutti) oppure tutti spenti – vincolando all’uso della chat per comunicare con il docente. Al contrario trovo assolutamente comodo mantenere la naturalezza che si avrebbe in aula, dove chi non ha capito una cosa può chiederla a voce, così come il docente può parlare a tutti. I microfoni resterebbero di default spenti, tranne che (ancora grazie a Zoom) il docente può accenderli a sorpresa. Qualcuno parlava di suggerimenti via auricolare Bluetooth… ma ci deve pur essere qualcuno che parla!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *