Era il 2008, ed iniziavo il mio periodo di lezioni a Latina, poi durato per ben dodici anni. A quei tempi il mio filone di ricerca erano i Sistemi Telemediali, ovvero le tecnologie ed i protocolli abilitanti la comunicazione multimediale di gruppo, che determina la proiezione a distanza della propria identità cognitiva e capacità decisionale, allora ancora di la da venire, ma che sentivo avrebbe cambiato la società in cui viviamo, rendendola meno inquinata e più pervasiva.
Lo svolgimento del corso di Laboratorio Internet mi diede l’opportunità di trasferire almeno parte del bagaglio di conoscenze sulla telefonia VoIP, le Content Delivery Nework e lo Streaming nel materiale didattico sviluppato per il corso stesso (probabilmente molto più di quanto qualunque studente si aspettasse). Tutto si basava su standard pubblici ed aperti definiti da IETF e W3C.
Poi sono arrivati Skype, Facebook e Youtube, che con approcci di tipo peer-to-peer oppure grazie alla diffusione mondiale dei propri datacenter, hanno iniziato la rivoluzione che definirei delle mille dirette, e che ha portato ai nostri giorni, in cui i tradizionali canali broadcast televisivi sviluppano palinsesti e notiziari appoggiandosi al materiale proveniente dalla rete e dai social, mentre la programmazione cinematografica e sportiva si sposta sugli abbonamenti della Internet TV come Netflix, SkyQ, Dazn, NowTV e quant’altro. Mentre tutta l’informazione si stava trasferendo on line e ciò che una volta era la TV migrava su telefonini e tablet, la didattica universitaria si basava ancora su lavagna, gesso, aule vetuste e proiettori sbiaditi.
Ma ecco, tutto all’improvviso, un organismo ai margini della vita (cit. WP) che obbliga a stare tutti a casa, costringe l’università ad un colossale balzo in avanti che altrimenti chissà quando sarebbe mai successo: le lezioni diventano telematiche! Ma gli strumenti non sono poi così diversi da quelli che andavo postulando dodici anni fa: ciò che cambia è che ora il fornitore di servizio è del tutto scisso da chi produce i contenuti, veicolati dal grande fratello Google. Ci siamo, la rivoluzione è iniziata, e come tutte le rivoluzioni, avviene all’improvviso, perché è giunto il suo momento!
C’è da chiedersi: ma non è che, passata l’emergenza Corona Virus (si spera il più rapidamente possibile), gli studenti vorranno proseguire a fruire le lezioni in modalità telematica? Nel dubbio, questo Blog si è già da tempo dotato della sua personale infrastruttura di videochiamata, lo troviamo alla pagina della Stanza dei Segnali. Buona telemedialità a tutti!
Photo by Fernando Venzano on Unsplash
PS: La storia continua al prossimo articolo…
Gentile Falaschi (non oso usare il suo nome di battesimo finché lei non me lo permette),
sono il presidente di una Scuola di specializzazione privata riconosciuta dal MIUR, e sono stato un ricercatore anch’io alla Sapienza.
Come può immaginare, le scrivo perché mi sembra di aver trovato ciò che cercavo: un esperto di didattica a distanza, per le ovvie ed improvvise necessità dei nostri studenti!
Ciò che lei scrive ha mooolto senso. Perciò, per prima cosa le vorrei chiedere: ci può aiutare?
Eventualmente, se mi vuole rispondere per email, lo preferirei.
Grazie, Lucio Sibilia
Gentile Prof. Sibilia,
purtroppo devo dirle che non sono affatto un esperto di didattica a distanza… al punto che sono reduce da dodici anni di pendolarismo con Latina (!) dove il mio dipartimento mi spedì per svolgere didattica presso “il polo pontino”, e che in definitiva ha segnato l’interruzione della sperimentazione nel campo della comunicazione interpersonale mediata dalla macchina.
Personalmente ho sempre ritenuto che il lavoro dei tecnici non possa prescindere dall’impatto sociale che le “loro” tecnologie producono sulla società, di cui con curiosità e passione ho cercato di seguire gli sviluppi.
Mi riprometto di pubblicare a breve un elenco di strumenti di “socialità telemediale” (ai tempi del corona virus), augurandomi che possa essere utile ai sui scopi.
Per ora appoggio qui una breve recensione di uno strumento di videoconferenza di gruppo e di collaborazione che mi ha favorevolmente colpito. Si tratta di Zoom di cui trovo interessante
mentre trovo eccezionale la possibilità di attuare meccanismi di progettazione partecipata come quello di eseguire il “breakout” della conferenza in più sotto-conferenze, costituendo sotto-gruppi di lavoro che possono poi riferire “in plenaria” le conclusioni a cui sono arrivati.
L’applicazione gira su desktop, tablet e telefono, è gratuita con una limitazione di 40 minuti/giorno, oppure senza limiti se non quello di 100 partecipanti per meno di 15€/mese; con un ulteriore contributo, è anche prevista la possibilità di live streaming fino a 10000 spettatori passivi.
UPDATE: ho scritto un nuovo post sull’argomento, che pone Zoom a confronto con altre soluzioni, tutte molto interessanti.