20.3 Fenomeni propagativi e attenuazione supplementare
La dipendenza della propagazione radio dalla geometria del territorio e dalle condizioni atmosferiche causa l’insorgenza di termini di
attenuazione supplementare As (pag.
1) da sommare al valore
Ad( dB) fornito dalla
(21.179) per stabilire la potenza realmente ricevuta. Iniziamo con l’affrontare gli aspetti più generali, riservando quelli legati a cammini multipli e radio mobile ai §§ successivi.
20.3.1 Condizioni di visibilità
Come spiegato nel commento relativo alla definizione di area efficace
(21.176) all’aumentare della frequenza la lunghezza d’onda
λ diminuisce con legge reciproca, permettendo di realizzare antenne di dimensioni ridotte e di elevato guadagno. Allo stesso tempo, per evitare l’assorbimento terrestre occorre posizionare l’antenna in alto (in cima ad una torre), e trasmettere per
onda diretta, condizione detta anche
los o di
line of sight.
A causa della curvatura terrestre, esiste una altezza minima da rispettare: ad esempio con torri da 60 metri si raggiungono distanze (in visibilità) di 50 Km. Ovviamente il problema si presenta in pianura. Tratte più lunghe richiedono torri più alte, ma anche guadagni di antenna maggiori (e quindi antenne più grandi e più direttive). Questa non è però una soluzione molto praticabile, in quanto in presenza di vento forte le antenne “grandi” possono spostarsi e perdere il puntamento; inoltre, il costo delle torri aumenta esponenzialmente con l’altezza.
Nel calcolare l’altezza delle torri
(ed il puntamento delle antenne) si deve considerare anche il fenomeno legato al fatto che l’onda elettromagnetica, propagandosi,
si piega verso gli strati dell’atmosfera con indici di rifrazione (pag.
529)
maggiori, ossia verso terra: i calcoli vengono quindi effettuati supponendo che il raggio terrestre sia per
4 ⁄ 3 maggiore di quello reale. Inoltre l’indice di rifrazione può variare con l’ora e con le condizioni climatiche e quindi (di nuovo) le antenne con guadagno elevato (e molto direttive) possono andare fuori puntamento.
Anche quando le antenne si trovano in condizioni di visibilità occorre comunque tenere conto dei fenomeni di
diffrazione, che
deviano nella zona
in ombra le onde radio che transitano in prossimità di ostacoli
. La determinazione dell’orizzonte radio deve pertanto prevedere un
margine di distanza h tra la congiungente delle antenne ed il suolo, od un eventuale ostacolo.
La distanza
h deve essere almeno pari al raggio del primo
ellissoide di Fresnel, che è un solido di rotazione definito come il luogo dei punti
P per i quali la somma delle distanze
d(A, P) + d(P, B) è pari a
d(A, B) + λ2, in cui
λ = cf è la lunghezza d’onda della trasmissione a frequenza
f. Suddividendo la distanza
d(A, B) tra i due fuochi
A e
B in due segmenti
d1 e
d2 individuati dalla posizione dell’ostacolo, si trova che il raggio dell’ellissoide è pari a
R = √λ1d1 + 1d2
che nel caso
d1 = d2 = d(A, B)2 assume il valore massimo
RM = 12√λd. Qualora si determini la condizione
h < R il collegamento subisce una attenuazione supplementare, che aumenta al diminuire di
h⁄R, ed è maggiore per gli
spigoli vivi, fino ad arrivare ad una decina di dB.
20.3.2 Condizionamenti atmosferici
E’ il turno di descrivere gli effetti dovuti alla natura dei diversi strati ed alle condizioni climatiche.
Tra 0,1 e 10 GHz si può verificare il fenomeno della
diffusione troposferica (lo strato dell’atmosfera fino a 20 Km di altezza), causata da turbolenze e particelle sospese, e che comportano un numero
infinito di cammini multipli
. Tra qualche MHz e 30 MHz intervengono fenomeni di radiodiffusione
ionosferica (la fascia oltre gli 80 Km di quota), dove strati ionizzati causano una
riflessione del segnale e consentono la trasmissione anche tra luoghi non in visibilità, ma con il rischio di cammini multipli. E’ questo il caso tipico della propagazione delle
onde corte, per le quali
λ va dai 100 ai 10 metri, corrispondenti ad un banda dai 3 ai 30 MHz..
Per frequenze sotto il MHz la propagazione è per onda di terra, e l’assorbimento terrestre impedisce di coprire grandi distanze (tranne che per le onde lunghe, meno attenuate). Anche qui può verificarsi la diffusione troposferica, specie di notte.
Per lunghezze d’onda di dimensione comparabile a quella delle molecole di ossigeno si produce un fenomeno dissipativo di assorbimento; le frequenze interessate sono quelle superiori a 30 GHz, con un massimo di 20 dB/Km a 60 GHz(). Inoltre, il vapor d’acqua (con molecole di dimensioni maggiori) produce una attenuazione supplementare di 1-2 dB/Km (al massimo) a 22 GHz. Sotto i 10 GHz non si verifica assorbimento né da ossigeno, né da vapore.
20.3.2.1 Dimensionamento di un collegamento soggetto a pioggia
In caso di pioggia si manifesta una ulteriore causa di assorbimento atmosferico, detto appunto da pioggia, che costituisce la principale fonte di attenuazione supplementare per frequenze superiori a 10 GHz. L’attenuazione supplementare da pioggia aumenta con la frequenza portante, con l’intensità di precipitazione e con l’estensione della zona piovosa lungo il tragitto radio; questi ultimi due fattori sono evidentemente elementi aleatori, e per questo il dimensionamento mira a stabilire quale sia il margine necessario a garantire un grado di servizio prefissato. Il margine per l’attenuazione da pioggia viene pertanto posto pari al valore di attenuazione supplementare che viene superato con una probabilità p pari a quella di fuori servizio.
Una formula sperimentale che consente di determinare il valore in dB dell’attenuazione supplementare che viene superato con probabilità
p è:
As(r0, d, p) = K ⋅ rα0 ⋅ d ⋅ β(d) ⋅ γ(p) [dB]
in cui
r0 è l’intensità di precipitazione (in mm/h) che viene superata per lo 0.01 % del tempo,
d è la lunghezza del collegamento, e
K ed
α sono costanti che caratterizzano l’entità dell’interazione dell’onda radio con la pioggia, in funzione della frequenza
portante e di altre condizioni climatiche ed ambientali, i cui valori medi sono riportati nella tabella riportata a lato.
Il valore di
r0 per l’Italia è compreso tra 20 e 60 mm/h, mentre il termine
γ(p) = 6.534 ⋅ 10 − 3 ⋅ p − (.718 + .043 ⋅ log10p) (che vale 1 per
p = 10 − 4) permette di tener conto del grado di servizio che si vuole ottenere. Infine,
β(d) = 1 ⁄ (1 + .0286 ⋅ d) è un fattore correttivo che tiene conto del fatto che
non piove lungo tutto il collegamento. I grafici in fig.
20.6 mostrano l’andamento del termine
K ⋅ rα0 ⋅ d ⋅ β(d) per diversi valori di
f0 ed
r0, in funzione dell’estensione del collegamento; infine, è riportato il grafico della funzione
γ(p) per diversi valori di
p.
Dimensionare un collegamento imponendo un margine elevato può dar luogo a problemi dal lato del ricevitore, che potrebbe trovarsi ad operare in regione non lineare a causa dell’eccesso di potenza ricevuta, qualora non siano presenti le attenuazioni supplementari: può essere allora utilizzato un canale di ritorno nell’altra direzione, in modo da regolare la potenza del trasmettitore.
Esempio Un ponte radio numerico opera tra due località distanti 50 Km con una portante f0 = 15 GHz. Valutare l’attenuazione supplementare superata per lo 0.1% del tempo, nell’ipotesi che l’intensità di precipitazione superata per lo 0.01% del tempo sia pari a 40 mm/h.
-
Dal primo grafico di fig. 20.6 si ricava un valore di A10 − 4s ≥ 50 dB per lo 0.01% del tempo; considerando invece un grado di servizio 10 volte peggiore, occorre considerare il fattore γ(10 − 3) ≃ 0.45, e dunque A10 − 3s ≥ 50 ⋅ 0.45 = 22.5 dB.
20.3.3 Cammini multipli
Dopo aver preso in esame i collegamenti in visibilità ed analizzato i fenomeni legati al territorio ed atmosferici, occupiamoci ora degli aspetti conseguenti la ricezione di più di una replica ritardata di uno stesso segnale trasmesso. Infatti oltre i 30 MHz (nonostante la direttività delle antenne) alcuni raggi obliqui possono incontrare superfici riflettenti come laghi o masse d’acqua, essere riflessi dagli strati atmosferici, o percorrere notevoli distanze nei condotti atmosferici per poi tornare al suolo, e causare la ricezione di una (o più) eco ripetuta dello stesso segnale. In questi casi il collegamento si dice affetto da
multipath, e può essere caratterizzato mediante una risposta impulsiva del tipo
in cui i valori
τn sono i ritardi con cui si presentano le diverse eco, ognuna caratterizzata da una ampiezza
an, in accordo allo schema di filtro trasversale presentato al §
5.2. La presenza del multipath comporta che la corrispondente risposta in frequenza
introduce
distorsione lineare. Come esempio
semplice consideriamo la presenza di una
eco singola con ritardo
T, per il quale (vedi §
5.2.3) il modulo quadro della risposta in frequenza risulta
|H(f)|2 = 1 + a2 + 2a cos 2πfT
periodico in frequenza con periodo
f = 1T, come mostrato in fig.
20.7 per valori lineari ed in
dB, e per diverse scelte di
a. Osserviamo che per valori
a ≃ 1 la risposta in frequenza presenta una notevole attenuazione nell’intorno di
f = 2k + 12T, impedendo di fatto la trasmissione su tali frequenze; inoltre all’aumentare di
T le oscillazioni di
|H(f)|2 si infittiscono e dunque aumenta la possibilità che
|H(f)|2 vari di molto nella banda del segnale, causando una distorsione lineare che sarà necessario equalizzare.
Esempio
Consideriamo la geometria descritta in figura, in cui un collegamento di portata
d tra
A e
B subisce un fenomeno di riflessione a metà della sua lunghezza, da parte di una superficie riflettente
R che dista
h dalla congiungente, e ricaviamo l’espressione del ritardo
T. Ricordando che
tempo = spaziovelocita’ e indicando con
d la distanza
dAB e con
dr quella percorsa dall’onda riflessa, otteniamo che la differenza tra i tempi di arrivo dell’onda diretta e riflessa vale
T = 1c (dr − d);
inoltre, dalla trigonometria risulta che
d2 = dr2cosθ. Combinando le due relazioni otteniamo che
T = dc ⎛⎝1cosθ − 1⎞⎠, in cui
θ = arctan hd⁄2 = arctan2 hd. Attualizzando il risultato ad uno scenario in cui
d = 1 Km ed
h = 100 metri, si ottiene
θ = 11o31’,
cosθ = 0.98, e
T = 0, 066 μsecondi. Pertanto
|H(f)|2 presenta un periodo (in frequenza) di
1T = 15.15 ⋅ 106 = 15.15 MHz.
Modello two-ray ground-reflected
E’ il nome attribuito allo schema descritto dall’esempio precedente, esteso ad un caso generale in cui vengono prese in considerazione possibili altezze differenti per le antenne, il cui guadagno viene considerato variabile in funzione dell’angolo di emissione, e sono prese in considerazione le caratteristiche del coefficiente di riflessione al suolo. L’approfondita analisi di tali particolarità porta al risultato che per distanze brevi tra le antenne le onde diretta e
riflessa si sommano costruttivamente, producendo un guadagno anziché ad una attenuazione; aumentando la distanza si assiste ad una attenuazione che cresce con
d2, come per il caso di spazio libero, ma con sovrapposta l’oscillazione illustrata in figura, e che dipende dalla geometria del problema. Oltre una distanza detta
critica, e che corrisponde alla prima zona di Fresnel, l’attenuazione aumenta con
d4.
Quando la banda del segnale è sufficientemente piccola rispetto a
1T ed
|H(f)|2 si può considerare costante in tale banda (§
13.1.2.4), l’attenuazione dovuta ai cammini multipli prende il nome di
flat fading (vedi §
20.4.5). Il termine
fading si traduce come
affievolimento o
evanescenza, ma è spesso usato in inglese, cosicché l’assenza di distorsione lineare per segnali a banda stretta è anche detta condizione di
fading piatto, sottintendendo
in frequenza. Nel seguito continuiamo a riferirci alle attenuazioni supplementari con il termine più generale di fading.
20.3.3.1 Collegamento in diversità
Quando la banda del segnale è sufficientemente estesa da non poter considerare
|H(f)|2 costante il
fading causato dai cammini multipli viene detto
selettivo in frequenza, potendo le variazioni di
|H(f)|2 diventare anche rilevanti quando due repliche del segnale giungono al ricevitore con ampiezze molto simili. Una via per ridurre la probabilità di subire forti attenuazioni a specifiche frequenze è quella di prevedere una
ridondanza degli apparati, in modo da realizzare vie di collegamento
alternative. Entrambi gli aspetti illustrati appresso saranno approfonditamente sviluppati ai § successivi.
Ideata per prima in ordine di tempo,
consiste nel trasmettere lo stesso messaggio mediante
due diverse portanti: se una delle due subisce attenuazione, la trasmissione che utilizza l’altra ne è probabilmente esente (o viceversa). Qualora il collegamento tra le antenne sia condiviso tra diverse trasmissioni, una unica
via di riserva può essere impiegata per fornire una ridondanza
N:1. Ad esempio in una trasmissione multiplata
fdm (§
11.1.1.2) la portante di riserva viene assegnata al canale del banco
fdm che presenta la maggiore attenuazione.
Trasmettendo invece lo stesso segnale
mediante due diverse antenne (riceventi o trasmittenti) collocate in posizioni diverse, le copie del segnale prodotte dai cammini multipli giungono a destinazione con ritardi differenti per le due antenne, e dunque la risposta in frequenza
(21.181) è differente nei due casi. Pertanto anche se un ricevitore subisce una attenuazione selettiva ad una determinata frequenza, l’altro ricevitore può esserne esente.
Esempio Utilizzando lo stesso modello di propagazione e gli stessi dati del precedente esempio, valutiamo cosa accade se la riserva viene posta dieci metri più indietro dell’antenna principale. In tal caso il nuovo ritardo tra il raggio diretto e quello riflesso diviene pari a T’ = 65.3 nanosecondi contro i T = 66.0 nsec ottenuti per la via principale, e dunque |H(f)|2 per la riserva ha un periodo pari a 1⁄T’ = 15.29 MHz, una differenza di 140 KHz. Per ottenere che i minimi della |H(f)|2 nei due casi siano distanziati di almeno 3 Mhz, ovvero il 20% del periodo in frequenza, occorre operare con portanti oltre i 300 MHz.