21.5 Multiplazione spaziale
Mentre nei collegamenti con un basso
SNR il principale beneficio del disporre di più antenne è quello di poter sfruttare la diversità spaziale (§
21.3) per conseguire una
Pe altrimenti insufficiente, se al contrario l’
SNR è abbastanza elevato da garantire una comunicazione affidabile si possono sfruttare le antenne per trasmettere con ognuna di esse
un diverso segnale dati, moltiplicando la velocità di trasmissione di un fattore pari a
gM = min(nT, nR), detto
guadagno di multiplazione.
Dato che come osservato nel caso di un buon
SNR il vantaggio derivante dalla scomposizione del collegamento in canali virtuali associati alla
svd di
H è ridotto, si preferisce che il flusso di simboli
si convogliato dall’antenna
i − esima sia frutto della suddivisione del flusso originario a velocità
fb operata
a monte della trasmissione, da parte di un
demultiplatore che assegna ad ogni antenna un flusso di
fb⁄nT bit/sec. Ogni gruppo
di
M bit di ciascuno degli
nT flussi viene quindi
mappato su di un simbolo a valori complessi
si, i = 1, 2, ⋯, nT appartenente ad un alfabeto
A definito dagli
L = 2M punti di costellazione
della modulazione adottata; l’insieme dei simboli trasmessi
contemporaneamente e sulla stessa portante viene quindi descritto nei termini di un vettore
s = (s1, s2, ⋯snT)T a valori complessi.
Osserviamo ora che per ricevere correttamente tutti gli
nT diversi flussi dati occorre disporre di un numero
nR di antenne in ricezione almeno pari ad
nT ovvero deve essere
nR ≥ nT; le antenne
in più in ricezione possono essere usate per conseguire anche un guadagno
di diversità. In questo contesto l’equazione
(21.210) del canale
mimo
con
r ∈ ℂnR,
s ∈ A nT,
E{ss†} = EsnT I nT,
H ∈ ℂ nR × nT e
n ∈ CN(0, σ2n), individua una
trasformazione lineare affetta da rumore, formalmente assimilabile alla distorsione lineare subita da un segnale in transito su di un canale selettivo in frequenza e rumoroso, con la differenza che l’alterazione agisce ora su di un dominio spaziale anziché frequenziale. In tal senso il tentativo di risalire al vettore
s a partire da quello
r noto al ricevitore è simile ad una operazione di
equalizzazione (§
18.4) al punto che, con un abuso di terminologia, è lecito riferirsi al primo come ad una
equalizzazione spaziale.
21.5.1 Ricevitore a massima verosimiglianza (ML)
Effettua la stima del vettore trasmesso
s come
ŝ = argmax s ∈ AnT Pr{r ⁄ s}
ed essendo il vettore
n nella
(21.258) costituito da v.a. gaussiane complesse
circolari ed incorrelate, equivale ad un criterio di
minima distanza, ovvero
dove l’argomento minimizzato dalla
(21.259) è la norma quadratica del vettore
n. La ricerca del minimo si estende a tutte le
disposizioni con ripetizione sulle
nT antenne degli
L possibili valori per il generico simbolo
si, ovvero
LnT diverse disposizioni, causando una complessità
esponenziale nel numero di antenne: ad es. adottando una semplice modulazione 16-
qam su
nT = 4 antenne (corrispondenti a 16 bit/simbolo
s), si ottengono...
164 = 65536 combinazioni, decisamente una quantità
spropositata.
Sebbene la decodifica ML
sia quella ottimale, la sua complessità ha spinto la ricerca di soluzioni sub-ottime ma approcciabili. Una soluzione
algoritmica è quella nota come
sphere decoding, che non approfondiamo. Una
famiglia di soluzioni alternative sono quelle
lineari, che (in analogia al caso dell’equalizzazione) pervengono ad una matrice
G di dimensioni
nT × nR tale da poter scrivere
s̃ = Gr
in cui si è rimosso il vincolo di voler direttamente ottenere un vettore appartenente ad
A nT. Il valore
s̃ viene quindi indicato come vettore
soffice, il cui corrispondente vettore
hard ŝ ∈ A nT si ottiene decidendo per ogni elemento
si il valore
più vicino ad uno di quelli ammessi, ossia
Nel seguito descriviamo due criteri per scegliere
G, oltre ad un ulteriore metodo di soluzione che adotta una proiezione lineare nel contesto di una procedura di
cancellazione ordinata, coniugando efficienza con precisione, la cui implementazione più diffusa è nota come
v-blast.
21.5.2 Ricevitore zero-forcing
Individua il vettore
s̃ che (senza rispettare il vincolo
s̃ ∈ A nT della
(21.259)) risolve il problema
calcolando una matrice
GnT × nR tale che
s̃ = Gr.
Nel caso generale in cui
nR ≥ nT si ottiene
nota anche come
pseudo-inversa HPI di
H, che qualora
H sia quadrata (
nR = nT) ed invertibile si riduce a
G = H− 1. In entrambi i casi la
(21.261) fornisce
ottenendo l’effetto di invertire
H, come dire
annullare, da cui il nome
forzante a zero. Il costo computazionale associato è circa cubico in
nT per matrici quadrate, ma ottenere
ŝ ∈ A nT da
s̃ applicando la
(21.260) è lineare in
nT.
Notiamo ora che, in perfetta analogia con quanto osservato a pag.
1 per l’omonimo equalizzatore, il valore
s̃ ottenuto mediante la
(21.263) è gravato da un termine di rumore
ñ = (H†H)− 1 H†n le cui componenti sono
correlate tra antenne riceventi, e la cui entità può risultare assai rilevante qualora
H sia
mal condizionata ovvero
H†H presenti autovalori per cui
|λmax||λmin| ≫ 1, in quanto
Σñ = E{ññ†} = E{(H†H)− 1 H†nn†H(HH†)− 1} = = σ2n(H†H)− 1 H†H(H†H)− 1 = σ2n(H†H)− 1
e l’inversione di
HH† comporta la divisione per il suo determinante, che essendo pari al prodotto degli autovalori può nelle condizioni indicate risultare molto piccolo; in particolare, il rumore è particolarmente amplificato per le antenne trasmittenti che corrispondono alle colonne di
H associate ai valori singolari
λ1⁄2i più piccoli.
21.5.3 Ricevitore lineare a minimo errore medio quadratico l-mmse
Per ovviare al problema evidenziato si può adottare il diverso criterio di trovare la matrice
G (con cui calcolare
s̃ = Gr) che rende minimo l’
errore quadratico medio (
mse), ovvero
Si dimostra che la matrice
G che verifica la
(21.264) deve necessariamente soddisfare anche la relazione
nota come principio
di ortogonalità, sviluppando la quale (dopo un po’ di conti) si perviene al risultato
in cui
ρ = Esσ2n = PTfsnT nRE{n†n}
è l’
SNR per simbolo e per antenna ricevente, comprensivo dell’eventuale guadagno di diversità
nR⁄nT. Notiamo quindi che per
ρ elevato la
(21.266) equivale alla
(21.262), cancellando gli interferenti ma senza considerare il rumore; qualora invece
ρ tenda a zero la
(21.266) tende ad
H†, un risultato simile al
mrc (§
21.3.1.2), e che non considera gli interferenti. Dopodiché il valore di
ŝ ∈ AnT si ottiene applicando anche per questo caso la
(21.260).
21.5.4 Ricevitore a cancellazioni successive - vblast
Nei casi precedenti la decisione da parte del ricevitore in merito al simbolo si trasmesso dall’i − esima antenna viene presa congiuntamente a tutti gli altri, calcolando il vettore s̃ = Gr mediante una unica operazione. Al contrario, l’approccio che stiamo per illustrare decodifica i simboli si antenna (trasmittente) per antenna, cancellando ogni volta il contributo ad r dovuto ai simboli già decodificati.
Prima di procedere torniamo all’espressione
s̃ = Gr in cui
G può essere ottenuta con il metodo
zf oppure
mmse, ma specializzando il ragionamento al caso
zf osserviamo che il valore per l’elemento
s̃i si ottiene da
r come
in cui
wi è il vettore con elementi pari alla
i − esima riga di
G, che indichiamo come
(G)i, ovvero
wi = (G)Ti. Ebbene, accade che
wi è
ortogonale a tutte le colonne di
H tranne l’
i − esima: ciò è evidente nel caso di matrice
H quadrata, per la quale si ottiene
GZF = H− 1 e dunque ogni sua riga
i è ortogonale alle colonne
j ≠ i di
H in quanto
H− 1 H = I. Ma anche se
H non è quadrata, la sua pseudo-inversa
GZF = HPI data dalla
(21.262) ha righe ortogonali alle colonne di
H non omologhe, risultando
HPIH = I. Tale proprietà di ortogonalità è alla base dell’effetto di inversione del sistema ottenuto con la
(21.263).
Consideriamo ora che dopo la decodifica del primo simbolo (
i = 1)
s̃i = wTir
ed alla sua quantizzazione in
ŝi ∈ A, nel caso in cui l’
SNR sia sufficiente ad avere una
Pe abbastanza piccola si può procedere alla
cancellazione dell’effetto di
ŝi su
r, semplicemente valutando un nuovo vettore
ri + 1 = ri − ŝi(H)i
in cui
(H)i è l’
i − esima colonna di
H: per il nuovo
ri + 1 è quindi come se l’antenna
i − esima fosse
spenta, ovvero come se la colonna
(H)i fosse tutta nulla: indichiamo quindi con
Hi0 la matrice
H a cui sono state
azzerate le colonne
j = 1, 2, ⋯, i. Il vettore
wi + 1 con cui decodificare il successivo simbolo
s̃i + 1 = wTi + 1 ri + 1
deve quindi essere ortogonale
non a tutte le colonne di
H, ma solo a quelle non nulle di
Hi0, coerentemente con il ridotto numero di interferenti ancora presenti nel vettore
ri + 1. Il vettore
wTi + 1 viene quindi posto pari alla
(i + 1) − esima
riga della pseudo-inversa di
H0i.
Procedendo in questo modo i simboli decodificati per ultimi godono di un ordine di diversità maggiore di quelli decodificati per primi, in quanto il numero di antenne trasmittenti
si riduce via via. D’altra parte nel caso in cui la
Pe non sia trascurabile si può verificare un effetto di propagazione degli errori, specialmente se questi avvengono nei simboli decodificati per primi. Occorre quindi stabilire un criterio di ordinamento in grado di garantire le migliori prestazioni: si dimostra che l’ordinamento ottimale si ottiene scegliendo ogni volta l’indice
iM dell’antenna che trasmette il simbolo
siM per il quale l’
SNR dopo decodifica è il più grande, ovvero
iM = argmaxiSNR(i). Si può altresì dimostrare che
e quindi se ogni antenna adotta la stessa costellazione
A la massimizzazione di
(21.268) si ottiene scegliendo
iM = argmin i |wi|2; dato che
wi è pari alla
i − esima riga della pseudo-inversa di
H0i, quest’ultima dopo essere stata ricalcolata ad ogni iterazione, viene esplorata per individuare la riga con norma minore.
Qualora anziché la pseudo inversa dello
zf si adotti la soluzione
mmse data dalla
(21.266), il metodo è ancora applicabile, con un lieve vantaggio per
SNR basso, come mostrato nella figura a fianco, che confronta le prestazioni per diverse opportunità di decodifica di un sistema
mimo 2 × 2 con modulazione
qpsk per una tipica matrice
H.
21.5.5 Compromesso diversità - multiplazione
Quando in ricezione si dispone di un numero di antenne maggiore del minimo (ossia
nR > nT) le antenne
in più non contribuiscono al guadagno di multiplazione (al massimo pari a
min(nT, nR)), ma consentono di conseguire un ordine di diversità
almeno pari a
nR − nT + 1 (con il metodo di cancellazione ordinata anche di più, dato che in pratica
nT diminuisce man mano). Ma anche se
nR = nT è comunque possibile (e necessario se
nR < nT) sacrificare parte della velocità di trasmissione per migliorare le prestazioni nei confronti del rumore, sfruttando la diversità spaziale frutto del fading indipendente. Si può infatti ad esempio scegliere di dimezzare il numero di antenne usate per la multiplazione, ed impiegare la restante metà per trasmettere la ridondanza associata ad un codice spazio-tempo (§
21.3.2.2). Ma anziché provare le diverse combinazioni possibili, riferiamo di un risultato generale. La relazione tra guadagno di multiplazione spaziale
r e di diversità
d può essere ottenuta dopo avere definito queste due grandezze nei termini della rispettiva legge di dipendenza
asintotica da
SNR, ovvero
rappresentando così il risultato che per
SNR elevato la velocità di trasmissione
R aumenta come
r log2 SNR (), mentre la probabilità di errore decade come
1⁄SNRd().
In questo modo può essere tracciata la curva
d(r) mostrata in fig.
21.13 e che
raccorda i valori estremi di massima diversità
dmax = nT ⋅ nR e massima multiplazione
rmax = min(nT, nR) mediante la relazione
che individua il
massimo ordine di diversità conseguibile per un guadagno di multiplazione assegnato.
Esempio Desiderando ottenere una velocità
R di 15 bps/Hz da un sistema
mimo con
nT = nR = 8 ed
SNR = 15 dB, qual’è il massimo guadagno di diversità
dopt che il sistema può offrire?
R: dalla relazione
R = rlog2SNR con
SNR = 15 dB otteniamo
15 = rlog2101.5 e dunque
r = 3.01 ≃ 3. Pertanto in linea teorica 3 delle 8 antenne sono usate per la multiplazione, e 5 per la diversità, con un guadagno di diversità che
al massimo può arrivare a
dopt(r) = (nT − r)(nR − r) = (8 − 3)(8 − 3) = 25
Nella pratica
naif, se si adotta un codice di Alamouti che utilizza 6 antenne per trasmettere 3 flussi codificati, ognuno dei quali è ricevuto da due antenne, l’ordine di diversità per ogni flusso risulta pari a
2nR = 2 ⋅ 2 = 4 (vedi §
21.3.2.4), e dunque complessivamente pari solamente a
3 ⋅ 4 = 12. In compenso, la potenza non usata dalle 2 antenne spente in trasmissione può essere ridistribuita sulle 6 attive, così come le due antenne
in più di ricezione possono essere impiegate nella ricezione di 2 dei 3 flussi, portando l’ordine di diversità complessivo a
6 + 6 + 4 = 16. Alla nota alcuni approcci in grado di avvicinarsi di più al risultato
(21.270).