21.8 Single frequency network - SFN
Il caso della diffusione televisiva digitale terrestre dvb-t rientra nella casistica di un sistema miso in quanto prevede la ricezione da parte dell’apparecchio televisivo di segnali trasmessi da più antenne dislocate sul territorio, ognuna delle quali effettua una trasmissione ofdm
- centrata sulla stessa frequenza portante, i cui simboli
- contengono esattamente gli stessi bit e
- sono trasmessi esattamente allo stesso istante.
Notiamo come i requisiti 1) e 3) siano comuni a quelli necessari a realizzare il collegamento di uplink di un sistema
mu-mimo (§
21.7.3), conseguiti in tale contesto per mezzo dei protocolli di controllo peculiari dei relativi sistemi di accesso multiplo, che non abbiamo approfondito. In questa sezione illustriamo invece come sia affrontato il problema per i sistemi di diffusione
dvb-t, non prima però di aver discusso le differenze rispetto alla tecnica
multiple frequency network (
mfn) adottata dalla diffusione televisiva
analogica.
Rete a frequenza multipla o
mfn
La televisione analogica (§
25.1) si basa sulla assegnazione di una diversa portante (o canale) a ciascuna emittente (o broadcaster), su cui trasmettere il proprio segnale con modulazione
am-blr, tipicamente ricevuto dall’apparecchio
tv mediante una antenna direttiva posta sul tetto ed orientata verso il ripetitore più vicino, dunque in condizione di visibilità. Nel caso di antenna indoor si verifica(va) di frequente la comparsa di immagini sdoppiate (dette
ghost o fantasma) dovute all’insorgenza di cammini multipli, con conseguente ricezione di copie ritardate dello stesso segnale. La presenza di più ripetitori, necessari a coprire differenti regioni del territorio per le emittenti nazionali, richiede(va) quindi l’adozione di frequenze portanti differenti per ciascuna regione, pena la comparsa di
ghost legati alla ricezione del segnale trasmesso (per la stessa emittente) dai diversi ripetitori, ognuno posto ad una differente distanza dalla
tv, qualora utilizzanti la stessa portante.
Fantasmi televisivi ma non radiofonici Cogliamo l’occasione per investigare sul meccanismo di formazione dei
ghost televisivi
in una
sfn: sono causati dalla
sincronizzazione di quadro (§
25.1.2) che l’apparecchio analogico consegue con riferimento al segnale
più forte ricevuto. In virtù della linearità della
am, la demodulazione della somma delle repliche produce un segnale di immagine (luminanza e crominanza) che è la somma delle relative immagini, sfalsate dei corrispondenti ritardi nel tempo di arrivo. Nel caso della radio
am-bld-pi (
§ 12.1.1.2) manca invece la necessità di sincronizzazione, la frequenza portante ridotta rende trascurabile la differenza di fase tra le repliche ritardate, e la minore occupazione spettrale rende trascurabile l’entità della distorsione lineare. Infine nella radio
fm il
pll del ricevitore (
§ 12.3.2.1) si aggancia alla portante del segnale più forte.
Il vantaggio più evidente rispetto ad una
mfn è una migliore efficienza spettrale, in quanto lo stesso programma diffuso via
mfn in regioni limitrofe necessita di altrettanti canali radio, contro l’unico canale necessario con una architettura
sfn. A questa considerazione si può aggiungere che mentre nel caso di
tv analogica basata su
mfn ogni emittente necessita di un proprio canale, nel
dvb i canali radio sono usati per trasmettere interi
transport stream mpeg o
ts (§
10.3.2.1), ognuno dei quali ospita un multiplex di
elementary stream (§
10.3.2) provenienti da più emittenti, che così condividono la medesima
sfn e dunque un unico canale radio.
Un secondo vantaggio è indicato come network gain e consiste nel vantaggio tipico della trasmissione miso di poter sommare in modo coerente più repliche dello stesso messaggio, purché giunte nei limiti del tempo di guardia per come descritto appresso. A questo corrisponde una migliore qualità del segnale in termini di SNR, ovvero una minore criticità nei confronti della figura di rumore del ricevitore. I dispositivi che ne traggono maggior vantaggio sono i ricevitori mobili o nomadici, che non utilizzando antenne direttive possono facilmente trovarsi nelle condizioni di ricevere segnali da più fonti.
Tempo di guardia per una
sfn
Come anticipato, la diffusione in una rete
sfn si avvale di una trasmissione
ofdm sincronizzata da parte dei diversi trasmettitori
Txi,
che grazie all’inserimento del
prefisso ciclico di durata
Tg (o
tempo di guardia, pag.
1) rende il ricevitore
esente da interferenza intersimbolica qualora
Tg sia maggiore del massimo ritardo legato al multipath (che indichiamo con
δτ), sommato (vedi fig.
21.29) alla massima differenza dei ritardi
Δτ con cui viene ricevuto il segnale trasmesso dalle antenne
Txi.
Dalla formula τ = d⁄c che fornisce il ritardo τ con cui si riceve un segnale radio trasmesso da una distanza d e che si propaga alla velocità c = 3 ⋅ 108 metri/sec si ottiene che per d = 100 metri τ ha un valore di 330 nsec, mentre per 100 Km si ottiene τ = 330 μsec: la scelta del valore di Tg impone quindi quello del massimo distanziamento tra antenne che prendono parte allo stesso sistema sfn.
Valori di Tg ≃ 200 μsec sono adeguati per le reti a diffusione nazionale con ripetitori distanziati di una cinquantina di Km, mentre reti di ambito regionale o locale possono adottare valori inferiori.
Legame tra
Tg ed efficienza spettrale
Come illustrato in fig.
21.29, dalla somma delle repliche ricevute si individua una finestra di durata
T0 secondi (il periodo principale) i cui campioni di inviluppo complesso vengono inviati (vedi fig.
21.26) al computo di una
fft in grado di ri-ottenere i punti di costellazione con cui sono modulate le sottoportanti. A questo riguardo il sistema
dvb-t prevede di poter operare nelle modalità dette
2k ed
8k, corrispondenti ad una
fft di dimensione
N pari a 2048 e 8192 (vedi tab.
21.2) di cui solamente un sottoinsieme di portanti
Ñ sono
attive ovvero effettivamente modulate (§
16.8.2), in parte con dati di servizio, ed in larga misura con i dati relativi alla trasmissione. Notiamo inoltre che i parametri di tab.
21.2 si riferiscono ad un distanziamento tra canali
sfn (ovvero
ts differenti) pari ad 8 MHz, mantenendo quindi una separazione (o banda di guardia) di 580 KHz tra due canali
sfn.
|
modo 8k |
modo 2k |
dimensione fft N |
8192 |
2048 |
portanti attive Ñ (di cui dati) |
6817 (6048) |
1705 (1512) |
periodo principale T0 |
896 μsec |
224 μsec |
intervallo tra portanti Δ = 1⁄T0 |
1116 Hz |
4464 Hz |
banda occupata B = ÑΔ |
7.61 MHz |
rapporto Tg/T0 |
1/4 |
1/8 |
1/16 |
1/32 |
1/4 |
1/8 |
1/16 |
1/32 |
durata Tg (μsec) |
224 |
112 |
56 |
28 |
56 |
28 |
14 |
7 |
Table 21.2 Parametri di una trasmissione dvb-t per una canalizzazione di 8 MHz
Rimarchiamo ora il fatto che solamente la porzione di simbolo ofdm relativa al periodo principale (di durata T0) trasporta informazione, e dunque una volta determinato il valore Tg necessario a supportare le caratteristiche territoriali della sfn che si intende sviluppare è opportuno far si che la somma Tg + T0 sia la massima possibile, in quanto minore è il rapporto Tg⁄T0 e maggiore sarà l’efficienza del collegamento, e dunque la velocità binaria effettivamente trasferita.
Sempre con riferimento alla tab.
21.2 osserviamo che, fissata la durata di
T0 per le due modalità
8k e
2k, il numero delle possibili scelte per il rapporto
Tg⁄T0 è ristretto a 4 alternative, ovvero 1/4, 1/8, 1/16 ed 1/32; in particolare, i valori più elevati di
Tg (associati a ripetitori più distanti) sono possibili solo in modalità 8
k. Per lo stesso motivo la modalità
2k, che impone l’uso di valori di
Tg inferiori, può essere adottata solamente in regioni in cui la densità delle antenne è particolarmente elevata.
Rete di distribuzione e sincronizzazione
in frequenza
Descriviamo per ultima la soluzione che si è adottata per soddisfare le condizioni elencate a pag.
1 e che permettono la realizzazione di una
sfn, ovvero come fare in modo che le diverse antenne trasmettano allo
stesso istante e frequenza simboli
ofdm che contengono
gli stessi bit. Questi ultimi fanno parte di un
flusso di trasporto mpeg o
ts (§
10.3.2.1), che deve poi essere ulteriormente elaborato aggiungendo una protezione
fec mediante due stadi di codifica di canale associati ad interleaving (§
17.4.2.6). La trasmissione
ofdm del risultato viene anche indicata come trasmissione
cofdm (§
16.8.10).
La soluzione cercata è ottenuta grazie all’adozione della architettura di fig.
21.30,
che
centralizza la creazione del flusso di bit da trasmettere in un unico luogo e lo inoltra ai ripetitori che realizzano la
sfn per mezzo di una differente rete
di distribuzione, tipicamente in fibra ottica, oppure realizzata con ponti radio, o via satellite.
La sincronizzazione
in frequenza tra le diverse antenne è conseguita grazie al comune utilizzo da parte delle antenne di una medesima
sorgente esterna di sincronismo, come quella offerta dal segnale
gps che provvede a fornire due riferimenti temporali, uno (detto
pps o
pulse per second) che scandisce intervalli di 1 secondo, e l’altro a 10 MHz che suddivide lo stesso secondo in
107 parti ovvero individua intervalli di 100 nanosecondi. Lo stadio di modulazione finale di ciascuna antenna può pertanto lavorare ad una frequenza ottenuta per sintesi digitale (§
12.4.3) a partire dal comune riferimento a 10 Mhz.
Pacchetto
mip e
megaframe
Lo stesso segnale
gps, ricevuto oltre che dalle antenne anche dal nodo di controllo, permette a quest’ultimo di orchestrare la
sincronizzazione temporale dei simboli
ofdm trasmessi (e del loro contenuto) grazie all’inserimento nel flusso
mpeg di uno speciale pacchetto
ts (con
pid 0x15) denominato
mega frame initialization packet o
mip, contenente oltre ad un
timbro temporale ottenuto con riferimento al
pps e con risoluzione 100 nsec, anche le direttive a riguardo dei parametri per lo stadio
fec e per il tipo di costellazione
m-qam da applicare alle portanti.
L’inserimento del pacchetto mip avviene in un punto qualunque di una struttura sintattica denominata mega frame e che viene definita dallo sfn adapter del multiplexer, delimitando una sequenza di pacchetti ts che sono a loro volta contenuti in 8 frame dvb-t in modalità 8k (oppure in 32 frames in modalità 2k). La durata temporale di un megaframe dipende solamente dal rapporto Tg⁄T0 e dalla banda del canale, ma non da T0 né dalla scelta della costellazione o dal tipo di fec, variando tra circa 0.5 e 0.6 secondi per un canale di 8 MHz.
Sincronizzazione temporale
Dato che la rete di distribuzione presenta ritardi di attraversamento differenti per raggiungere le diverse antenne, la sincronizzazione temporale è ottenuta inserendo in un punto qualunque del megaframe m il pacchetto mip contenente (tra le altre) le informazioni
- un puntatore che individua l’inizio del megraframe seguente m + 1, espresso come il numero di pacchetti ts che separano il mip dal megaframe successivo;
- un synchronization time stamp (sts) che misura il tempo che intercorre tra l’impulso pps che precede il megaframe m + 1, e la trasmissione del primo bit del primo pacchetto di tale megaframe, evento indicato come A in figura;
- il valore maximum delay che deve essere maggiore del massimo ritardo di attraversamento della rete di distribuzione, per un qualsiasi percorso.
L’evento indicato come
B alla figura seguente rappresenta l’arrivo
del megaframe presso una delle antenne che prendono parte alla
sfn, ed il valore
Trec individua il ritardo con cui si verifica
B rispetto al
pps che precede l’inizio del megaframe. Il compito del
SYNC system (mostrato in fig.
21.30) di ciascuna antenna della
sfn è dunque quello di
In tal modo l’inizio della trasmissione del megaframe sarà lo stesso per tutte le antenne che partecipano alla
sfn. Come anticipato, il
mip convoglia anche altre informazioni, come il tipo di codifica
fec e la costellazione da adottare: questi (eventualmente nuovi) parametri vengono inseriti nelle portanti pilota dei simboli
ofdm utilizzati per trasmettere il contenuto del megaframe
m + 1, e resi operativi a partire dal megaframe
m + 2, in modo da permettere ai dispositivi riceventi di adattare a loro volta lo stadio di demodulazione alla nuova configurazione del modem
ofdm.