1.6 Caratteristiche dei sistemi
In termini generali, un
sistema è un dispositivo che opera su uno o più segnali di ingresso, od
eccitazione, e produce uno o più segnali di uscita, o
risposta. Il sistema può essere di natura elettrica, circuitale od elettronica, ma nulla impedisce che sia costituito da componenti meccaniche, pneumatiche, termiche, o di altra natura fisica, ed in generale i segnali di ingresso ed uscita saranno della stessa natura, anche se più spesso sono convertiti in segnali elettrici mediante appositi trasduttori e/o sensori. La relazione tra le grandezze di ingresso e quelle di uscita possono essere di tipo algebrico, o descritte da equazioni differenziali, ed è spesso rappresentata mediante un dominio trasformato (approfondiremo nel testo cosa ciò significa). I sistemi per telecomunicazioni rientrano in generale nella categoria dei
filtri, ovvero sono lineari, permanenti, causali e stabili, terminologia che ora approfondiamo. La
figura a lato mostra la rappresentazione di un sistema mediante uno
schema simbolico che semplicemente individua i segnali di ingresso e di uscita, senza porre attenzione alla reale natura del sistema stesso.
Nel seguito descriviamo un sistema come una generica trasformazione T [.], tale che ad ogni segnale di ingresso x(t) corrisponde una uscita y(t), ovvero T [x(t)] = y(t). Procediamo quindi a porre dei paletti concettuali entro cui classificare il tipo di sistema.
1.6.1 Sistema lineare e permanente
Un sistema è detto
lineare se, in presenza di una combinazione lineare di ingressi, l’uscita è la combinazione lineare delle uscite, detta anche
legge di sovrapposizione degli effetti, ovvero:
ed al §
2.4.4.3 vedremo come in questo caso l’insieme
{T [.]} di tutte le possibili trasformazioni possa essere descritto come uno spazio vettoriale, ed il suo funzionamento equiparato a quello del calcolo di un prodotto scalare.
La condizione
(1.3) implica che il sistema
sia a riposo prima dell’applicazione dell’ingresso, perché altrimenti la presenza di uno
stato interno diverso da zero ne impedirebbe la linearità. Un sistema è
permanente (o
stazionario) se la risposta ad un ingresso traslato nel tempo è la traslazione temporale dell’uscita che si avrebbe per lo stesso ingresso non traslato, ovvero
se T [x(t)] = y(t) allora T [x(t±τ)] = y(t±τ)
Nella letteratura anglosassone un tale sistema è indicato come
lti, acronimo di
Linear Time Invariant. Nel caso contrario, il sistema è detto tempo-variante, non stazionario, o non permanente.
Al §
3.4.2 scopriremo che per un sistema lineare e permanente il legame
T [x(t)] = y(t) tra le coppie di segnali di ingresso e di uscita è espresso dall’integrale
di convoluzione
y(t) = x(t) * h(t) = ∞⌠⌡ −∞x(τ)h(t − τ)dτ
in cui la
risposta impulsiva h(t) caratterizza completamente il sistema nei termini dell’uscita che corrisponde ad un ingresso impulsivo
x(t) = δ(t). Alla convoluzione si associa il concetto di
filtraggio del segnale, che verifichiamo essere un operatore
lineare in virtù della distributività dell’integrale, e
permanente in quanto
h(t) dipende solo dal tempo trascorso dalla applicazione del segnale.
Notiamo che un sistema descritto da una risposta impulsiva
h(t) con estensione temporale non nulla è detto
con memoria, in quanto i singoli valori di uscita dipendono da tutti i valori di ingresso
pescati dalla risposta impulsiva, vedi §
3.4.3.
Un sistema è detto idealmente realizzabile se h(t) è reale, nel senso che può essere realizzato un vero dispositivo con quella h(t).
Questa proprietà viene anche indicata come
causalità, poiché descrive l’impossibilità di osservare una uscita prima di aver applicato un qualunque ingresso. Una definizione alternativa asserisce che i valori di uscita
y(t) ad un istante
t = t0 non possono dipendere da valori di ingresso
x(t) per istanti futuri
t > t0. Ciò è automaticamente verificato se
h(t) = 0 con
t < 0, ovvero se la risposta impulsiva è causale. Osserveremo (nota
738 a pag.
1) come sistemi realizzabili idealmente
ma non fisicamente possano essere approssimati da sistemi realizzabili, accettando
un ritardo dell’uscita.
E’ definita come la proprietà di fornire uscite di ampiezza limitata per segnali di ingresso limitati, ed equivale alla condizione ∫|h(t)|dt < ∞, ovvero che h(t) sia un segnale impulsivo. Una tale circostanza garantisce l’esistenza della trasformata di Fourier di h(t), detta risposta in frequenza H(f), e definita per −∞ < f < ∞.
Se un sistema, oltre che stabile, è anche idealmente realizzabile (cioè
h(t) è reale), allora per la risposta in frequenza sussiste la condizione di simmetria coniugata
H(f) = H*(−f), e dunque è sufficiente conoscere la parte a frequenze positive indicata con
H+(f), dato che quella a frequenze negative è ottenibile mediante una operazione di coniugazione. Questo fatto permette di misurare modulo e fase di
H(f) = M(f)e jφ(f), che prende il nome di
risposta in frequenza, utilizzando come ingresso una funzione sinusoidale
x(t) = Acos(2πf0t + θ) con ampiezza
A e fase
θ note, come illustrato a pag.
1.
Alcune discipline come ad es. i controlli automatici devono tener conto di fenomeni di instabilità, e del fatto che i sistemi su cui operano possono trovarsi in particolari condizioni iniziali; a tal fine ricorrono ad una rappresentazione nota come spazio di stato in cui si tiene esplicitamente conto della evoluzione dello stato interno del sistema. Dato che i sistemi di interesse per le telecomunicazioni si assumono privi di un particolare stato interno precedente l’applicazione di un segnale al loro ingresso, non approfondiremo un tale approccio.
1.6.2 Non linearità
Corrisponde ad un legame ingresso-uscita
senza memoria del tipo
y(t) = g(x(t)), in cui
g(.) è una generica funzione
non lineare. Ad esempio, un operatore basato sulla elevazione a potenza del segnale di ingresso è
non lineare. Come approfondiremo al §
8.3, una delle più evidenti conseguenze della non linearità è l’insorgenza in uscita di contenuti frequenziali assenti in ingresso.