Sezione 12.2: Demodulazione di ampiezza Su Capitolo 12: Modulazione (e ritorno) di segnali analogici Sezione 12.4: Appendici 

12.3 Modulazione angolare

In questo caso l’informazione contenuta nel messaggio m(t) è impressa sulla portante modificandone la fase α(t), ottenendo un segnale modulato
(14.48) x(t) = a cos(2πf0t + α(t))
il cui inviluppo complesso (vedi eq. (14.3)) vale x(t) = a e jα(t) = xc(t) + jxs(t), dove xc(t) = a cos α(t) e xs(t) = a sin α(t).
figure f9.14.png
Notiamo subito che a differenza della modulazione di ampiezza, il modulo di x(t) è rigorosamente costante, e la sua fase α(t) può evolvere nel tempo unicamente su di una circonferenza di raggio a. Si è già mostrato al § 11.2.2 come il legame tra messaggio m(t) e fase dell’inviluppo complesso α(t) possa essere descritto come modulazione di fase (o pm, phase modulation) qualora risulti α(t) = kφm(t), oppure nei termini di una modulazione di frequenza (o fm) qualora si scelga α(t) = 2πkf t−∞m(τ)dτ, dove kφ e kf sono coefficienti di proporzionalità che dosano l’intensità della modulazione introdotta.
La relazione che lega la frequenza istantanea fi(t) ad m(t) dipende dal legame tra α(t) ed m(t); ricordando la definizione (eq. (14.6)) di fi(t) come la derivata della fase


α(t)
fi(t)
PM    kφm(t)    f0 + kφ2π ddtm(t)
FM
2πkf t−∞m(τ)dτ
f0 + kfm(t)
Table 12.2 Legame tra segnale modulante m(t),
fase modulata α(t), e frequenza istantanea fi(t)
istantanea ψ(t) = 2πf0t + α(t), ovvero
(14.49)
fi(t) = 12π ddt ψ(t) = f0 + 12π ddt α(t)
si ottiene la tabella a lato che riassume la dipendenza della fase α(t) e della frequenza istantanea fi(t) da m(t) per entrambi i tipi di modulazione angolare. Le due alternative pm e fm sono quindi esaminate assieme, in quanto intercambiabili qualora si effettui
Prima di affrontare gli aspetti della generazione, ricezione, e determinazione della densità di potenza di un segnale modulato angolarmente, analizziamo due sue peculiarità.
Non linearità
Una caratteristica fondamentale della modulazione angolare è che il segnale modulato x(t) dipende da quello modulante m(t) in modo fortemente non lineare, e pertanto lo spettro di densità di potenza Px(f) di (14.48) non può essere calcolato allo stesso modo del caso am. Infatti, l’inviluppo complesso di un segnale modulato angolarmente può essere espresso[639]  [639] Si fa qui uso della espansione in serie di potenze dell’esponenziale: ex = 1 + x + x22 + x33! + .... come:
(14.50)
x(t) = ae jα(t) = a1 + jα(t) − α2(t)2 − jα3(t)3! + ...
da cui risulta evidente che, anche se Pα(f) può essere espressa in funzione di Pm(f) in base alle relazione di tab. 12.2, nulla può essere detto in generale per Px(f), e dunque per Px(f) = 14 Px(f − f0) + 14 Px( − f − f0) (eq. (14.20)). Infatti, la presenza delle potenze della fase modulante α(t) impedisce l’applicabilità del principio di sovrapposizione degli effetti, ovvero, anche se sono noti i risultati della modulazione per due diversi messaggi x1(t) = FM{m1(t)} e x2(t) = FM{m2(t)}, il risultato ottenibile modulando la loro somma non è pari alla somma dei risultati individuali:
FM {m1(t) + m2(t)} ≠ FM{m1(t)} + FM{m2(t)}
Ampiezza costante
La circostanza che x(t) = a e jα(t) presenti un modulo costante pari ad a, indipendentemente dall’ampiezza del segnale modulante, è particolarmente utile qualora per m(t) siano previste forti variazioni di dinamica, come ad es. nel caso del segnale fdm (pag. 1) utilizzato per trasmettere più canali telefonici[640]  [640] Un altro caso di multiplex fdm è quello del downlink di un trasponder dvb-s, introdotto al § 25.3. Infatti in questo caso, non essendo noto a priori il numero di canali effettivamente impegnati, la potenza del segnale y(t) = Nn = 1 BLU{mn(t),  fn} ottenuto sommando i diversi canali (ognuno a modulazione blu su di una diversa portante fn) può variare di molto. Il segnale complessivo y(t) viene dunque applicato all’ingresso di un modulatore fm e trasmesso a piena potenza, senza subire distorsioni di non linearità (vedi § 8.3 e 13.3.3).

12.3.1 Generazione di un segnale a modulazione angolare

Il metodo più diretto di generare un segnale fm è quello di utilizzare un vco (introdotto al § 12.2.2.2), ossia un oscillatore controllato in tensione, che produce il segnale
x(t) = a sin(ω0t + 2πkf t−∞m(τ)dτ)
e dunque realizza proprio la funzione desiderata. D’altra parte, per effettuare una modulazione pm per la quale α(t) = kφm(t) si può usare un modulatore fm a partire da una fase modulante α(t) = 2πkf t−∞m’(τ)dτ, ponendo m(t) = 12π kφkf ddt m(t). Un terzo metodo di modulazione è illustrato per un caso particolare, al § 12.4.6.
Entrambi i segnali fm e pm possono infine essere ottenuti mediante il modulatore in fase e quadratura (pag. 1) alimentato dalle c.a. di b.f. xc(t) = cos α(t) e xs(t) = sin α(t), come effettivamente accade in diversi casi di modulazione numerica, vedi il cap. 16.

12.3.2 Ricezione di un segnale a modulazione angolare

Di base, si può utilizzare un demodulatore coerente in fase e quadratura (§ 11.2.4) per ottenere le c.a. di b.f. xc(t) ed xs(t) a partire dal segnale modulato, e da queste ricavare la fase modulata α(t) applicando la seconda eq. (14.9), ovvero α(t) = arctan2(xs, xc) ([641]  [641] Ricordiamo che arctan2 restituisce un angolo compreso nell’intervallo ( − π, π) anziché ( − π2, π2). ), ottenendo infine m(t) invertendo le relazioni di tab. 12.2. Una soluzione del genere è tuttavia possibile solo nell’ambito di una implementazione numerica, a causa della difficoltà realizzativa di un dispositivo circuitale che presenti esattamente la relazione non lineare di tipo arcotangente. Illustriamo quindi i due metodi più comunemente usati nel mondo analogico.

12.3.2.1 Ricevitore a PLL

Al § 12.2.2.2 si è già mostrato l’uso del circuito pll per l’aggancio della fase della portante di modulazione. Lo stesso schema può essere usato per inseguire l’andamento temporale della fase di una portante modulata angolarmente, realizzando al contempo la funzione desiderata.
figure f9.15.png
La figura a lato riporta lo schema generale di un pll, in cui il vco genera un segnale pari a sin(ω0t + θo(t)), con θo(t) = kv t−∞vo(τ)dτ, mentre il segnale ricevuto ha la forma x(t) = cos(ω0t + θi(t)). Lo schema può essere analizzato con i metodi dei controlli automatici, in quanto rappresenta un sistema che tenta di mantenere nullo l’errore sinΔθ, con Δθ(t) = θi(t) − θo(t) (vedi § 12.2.2.2); tale analisi si basa sulla linearizzazione sinΔθ ≃ Δθ, valida per Δθ piccolo. In tal caso l’analisi di Laplace[642]  [642] La (14.51) dà luogo ad una funzione di trasferimento ad anello chiuso il cui ordine dipende da come è realizzato il filtro passa basso. Per approfondimenti, vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Phase-locked_loop. permette (vedi fig. sotto) di scrivere la relazione
(14.51) Θo(s) = kckvH(s)s + kckvH(s) Θi(s)
figure f9.16.png
che consente di esprimere θo(t) (fase del vco) come la versione filtrata della fase della portante modulata θi(t), da parte della risposta in frequenza ad anello chiuso
G(f) =  kckvH(s)s + kckvH(s)||s = j2πf
Ricordando che la fase θo(t) del vco corrisponde a θo(t) = kv t−∞vo(τ)dτ, possiamo constatare come il segnale vo(t) al suo ingresso (ovvero l’uscita del filtro di loop H(s)) corrisponda alla ricostruzione del messaggio modulante m(t) nel caso di modulazione fm! Pertanto, il segnale vo(t) realizza la funzione di demodulazione di frequenza.

12.3.2.2 Ricevitore a discriminatore

Questa seconda architettura di demodulatore di frequenza si basa su di un fenomeno detto conversione fm-am, di cui in figura 12.27-a) è mostrato il principio di funzionamento più semplice, e noto come rivelatore a pendenza (slope detector).
a) figure f9.17a.png
b) figure f9.17.png
Figure 12.27 a) - conversione fm-am; b) - schema del demodulatore a discriminatore
Un circuito risonante accordato ad un frequenza maggiore di f0 realizza una risposta in frequenza H(f) il cui modulo aumenta in maniera pressoché lineare nella banda di segnale, simulando così l’effetto di una derivata (vedi § 3.6). La figura mostra come, al variare della frequenza istantanea fi(t) = fo + kfm(t), l’ampiezza del segnale (passabanda) y(t) uscente dal derivatore vari in misura del valore (tempo variante) di |H(f)|f = fi(t), ottenendo così un segnale modulato in ampiezza dalle stesse variazioni di fi(t), ovvero di m(t). La figura 12.27-b) mostra quindi uno schema che utilizza il fenomeno descritto per ricostruire il segnale modulante m(t) a partire da y(t) mediante un semplice demodulatore di inviluppo (§ 12.2.5). Svolgendo infatti i passaggi, il segnale uscente dal derivatore risulta pari a[643]  [643] La derivata di cos[α(t)] è pari a  − sin[α(t)]α(t), ma il segno  −  è ininfluente ai fini dell’elaborazione successiva.
y(t)  =  12πkf ddt a cos (2πf0t + 2πkf t−∞ m(τ)dτ) =   =  12 πkf (2πf0 + 2πkfm(t)) a sin (2πf0t + 2πkf t−∞ m(τ)dτ)
che corrisponde ad un segnale modulato sia angolarmente che in ampiezza, ed in particolare la cui ampiezza risulta a(t) = a (f0kf + m(t)). Pertanto con una scelta opportuna[644]  [644] L’utilizzo del demodulatore inviluppo è possibile solo nel caso di una modulazione a portante intera, ovvero per cui f0kf + m(t) > 0 per t, e dunque è necessario che risulti kf < f0maxt{|m(t)|}. di f0kf la modulazione di ampiezza è riconducibile al caso bld-pi (§ 12.1.1.2), e quindi il messaggio m(t) può essere recuperato mediante un demodulatore d’inviluppo (§ 12.2.5).
Il risultato ottenuto è valido purché il segnale modulato x(t) sia esso stesso privo
figure f9.18.png
di variazioni di ampiezza: per questo motivo il derivatore è spesso preceduto da un blocco squadratore, che produce una versione, appunto, "squadrata" del segnale ricevuto e quindi priva di modulazione di ampiezza. Essendo lo squadratore fortemente non lineare, in uscita saranno presenti, oltre al segnale originario, anche componenti centrate a frequenze multiple di quella della portante, che vengono rimosse mediante un filtro passa basso posto a valle dello squadratore.

12.3.3 Densità spettrale di segnali a modulazione angolare

Come già osservato a pag. 1, la relazione (14.50) che esprime l’inviluppo complesso di un segnale modulato angolarmente nei termini di una serie di potenze
(14.52) x(t) = ae jα(t) = an = 0[jα(t)]nn!
non può essere utilizzata in modo diretto per ottenere quella dello spettro di densità di potenza Px(f) del segnale modulato in funzione di una generica fase modulante α(t); ciononostante, la (14.52) costituisce comunque un punto di partenza per analizzare altri aspetti della situazione.
Osserviamo innanzitutto che, essendo |x(t)| = a, la sua potenza totale ha sempre valore Px = a2, indipendentemente da α(t), e dunque[645]  [645] Da un lato, a22 è banalmente la potenza della portante di ampiezza a. Da una altro punto vista, lo stesso risultato si ottiene a partire dalla Px(f) = 14( Px(f − f0) +  Px( − f − f0)) (eq. 14.20), da cui mediante integrazione in frequenza otteniamo Px = 142 Px = a22. Px = a22. Inoltre, la presenza nella (14.52) di potenze di α(t) di qualunque ordine sembrerebbe indicare che Px(f) abbia una banda infinita: in realtà la presenza dei fattoriali a denominatore fa sì che la serie possa essere troncata ad un certo ordine N < ∞, e dunque x(t) sia da considerare limitato in banda.
Per speculare sull’influenza di α(t) sul segnale modulato, notiamo che quanto più |α(t)| è piccolo, tanto prima la (14.52) può essere troncata con errori trascurabili; se poi α(t) si mantiene sempre molto piccolo, ci si può limitare al solo primo termine (n = 1), dando così luogo ad un comportamento lineare, dato che in tal caso si ottiene x(t) = a(1 + jα(t)). Se viceversa α(t) assume valori molto elevati, e quindi (14.52) comprende parecchi termini, subentra un secondo aspetto peculiare dell’fm, indicato come conversione ampiezza  →  frequenza, che può essere descritto tenendo conto che in base alla relazione fi(t) = f0 + kfm(t), la frequenza istantanea presenta scostamenti rispetto ad f0 direttamente proporzionali alle ampiezze di m(t), e quindi l’andamento della densità di potenza Px(f) in funzione di f riflette quello (funzione di m) della densità di probabilità di pM(m) che descrive le ampiezze di m(t), come torneremo ad approfondire al § 12.3.3.3. Infine, a valori intermedi della dinamica di α(t) corrisponde una Px(f) che sarà una via di mezzo tra i due casi estremi discussi, e che pertanto possono essere pensati come casi limite tra cui porre la densità di potenza effettiva.
Dato che la natura non lineare della modulazione angolare rende necessario studiare ogni caso individualmente, il calcolo di Px(f) viene svolto nel seguito per il caso particolare di un segnale m(t) sinusoidale, considerando le due possibilità estreme di α(t) molto piccolo o molto grande, ed i risultati vengono quindi estrapolati per approssimare altre situazioni.

12.3.3.1 Segnale modulante sinusoidale

Per questo calcolo esprimiamo il segnale modulante come m(t) = cos(2πwt), con w che indica la frequenza di modulazione. L’espressione della fase modulante α(t) e della relativa frequenza istantanea fi(t) = f0 + 12π ddt α(t) per il segnale modulato x(t) = a cos(2πf0t + α(t)) risulta allora quella riportata alla tabella seguente, per i casi di modulazione di fase e di frequenza, assieme all’espressione della massima deviazione di fase Δα = max{|α(t)|} e di frequenza Δf = max{|fi(t) − f0|}.

α(t)
fi(t) Δα Δf
PM     kφm(t) = kφ cos(2πwt)    f0 − wkφ sin(2πwt) kφ wkφ
FM
2πkf t−∞m(τ)dτ = kfw sin(2πwt)
f0 + kf cos(2πwt) kfw kf
Osserviamo che in entrambi i casi sia α(t) che fi(t) variano sinusoidalmente con frequenza w; nel caso pm l’entità di Δf aumenta con w, mentre nell’fm la Δα diminuisce con w. Nel seguito si farà riferimento all’indice di modulazione angolare β, corrispondente alla massima escursione della fase Δα, che risulta:
β =  kφ (PM) kfw (FM)
Con questa convenzione, possiamo trattare congiuntamente entrambi i casi pm ed fm riscrivendo l’inviluppo complesso come[646]  [646] Si è sostituito cos con sin nel caso pm per omogeneità di formulazione, senza alterare la sostanza delle cose.
x(t) = a e jα(t) = a e jβsin(2πwt)
Notiamo ora che x(t) è periodico di periodo 1w, e dunque per esso vale lo sviluppo in serie di Fourier (§ 2.2) x(t) = a n = −∞Xne j2πnwt, i cui coefficienti sono definiti come
(14.53) Xn = w12w − 12we jβsin(2πwt)e −j2πnwtdt = Jn(β)
ovvero sono pari[647]  [647] Le funzioni di Bessel del primo tipo, ordine n ed argomento β sono definite come Jn(β) = 12π π − πe j(βsinx − nx)dx, riconducibili alla (14.53) mediante un cambio di variabile. alle funzioni di Bessel del primo tipo, ordine n ed argomento β. Queste hanno l’andamento mostrato alla figura 12.29,
figure f9.185.png
   
  • Jn(β) è reale con n, β
  • Jn(β) = J − n(β) con n pari
  • Jn(β) = − J − n(β) con n dispari
  •  + ∞n = −∞J2n(β) = 1
  • Jn(β) ≃ 0 con n > β se β≫1

Figure 12.29 Andamento delle funzioni di Bessel del primo tipo e relative proprietà
in cui sono riportate anche le proprietà che le caratterizzano. I valori di Xn si ottengono quindi tracciando una linea verticale nel diagramma di figura in corrispondenza del valore adottato per β, e individuando il valore di ciascuna Jn per quel β.
Osserviamo ora che in presenza di un valore di β elevato, in base all’ultima proprietà mostrata in fig. 12.29 ovvero che Jn(β) ≃ 0 con n > β se β≫1, le funzioni di Bessel di ordine n > β sono praticamente nulle: è quindi lecito in tal caso limitare lo sviluppo in serie di Fourier di x(t) ai primi β termini (positivi e negativi), ovvero
xFM(t)aβn = − βJn(β) e j2πnwt F   ⟹   XFM(f)aβn = − βJn(β) δ(f − nw)
Pertanto il segnale modulato x(t) = ℜ{x(t)e jω0t} risulta pari a [648]  [648] Infatti
x(t)e jω0t = βn = − βJn(β)e j2πnwte j2πf0t = βn = − βJn(β)e j2π(nw + f0)t
la cui parte reale è appunto pari a βn = − βJn(β)cos2π(nw + f0)t
(14.54) x(t)aβn = − βJn(β) cos2π(f0 + nw)t
ossia è costituito da 2β + 1 cosinusoidi a frequenza f0±nw centrate attorno ad f0, e dunque il relativo spettro di densità di potenza ha espressione[649]  [649] Infatti ad ogni termine Jn(β)cos2π(f0 + nw)t della (14.54) corrisponde una densità di potenza
P(f) = J 2n(β)4 [δ(f − f0 − nw) + δ(f + f0 + nw)]
e la potenza della somma è pari alla somma delle potenze, in virtù della ortogonalità tra cosinusoidi.
(14.55) Px(f)a24βn = − β|Jn(β)|2 [δ(f − f0 − nw) + δ(f + f0 + nw)]
ed è formato da impulsi centrati a frequenza f = ±f0±nw.
Osserviamo che in base alla proprietà  + ∞n = −∞J 2n(β) = 1, estendendo la somma in (14.55) per  −∞ > n > ∞ ed integrando su f si ottiene un risultato già noto, ovvero la potenza totale Px eguaglia quella della portante non modulata, pari a a22, indipendentemente dall’indice di modulazione β.
Modulazione a basso indice
Come anticipato al § 12.3.3 e mostrato in fig. 12.29, qualora β ≪ 1 le funzioni di Bessel Jn(β) con n > 1 presentano valori che possono essere trascurati. Pertanto in tal caso x(t) occupa una banda B ≃ 2w,  in modo del tutto simile all’am-bld.
figure f9.186b.png
Figure 12.30 Spettro di ampiezza |X(f)| per segnale FM a modulazione sinusoidale. Solo la riga β = 10 mantiene la stessa scala di frequenze a sin. come a ds.
Modulazione ad alto indice
All’aumentare di β = kfw nella (14.55) aumenta il numero dei termini rilevanti, e la fig. 12.30 mostra l’aspetto di |X(f)| per f > 0 ([650]  [650] Ovvero, la fig. 12.30 mostra |X+(f)| = 12X(f − f0) = a2 βn = − β|Jn(β)|δ(f − f0 − nw)) calcolato per valori di β crescenti, mantenendo fisso w (a sinistra) oppure kf (a destra). Osserviamo che
Notiamo che in entrambi i casi all’aumentare di β la banda occupata a frequenze positive è bene approssimata dal valore B = 2βw = 2 kfww = 2kf, ossia pari al doppio della massima deviazione di frequenza istantanea Δf, vedi la tabella a pag. 1.

12.3.3.2 Regola di Carson

Come appena discusso la modulazione fm da parte di un tono sinusoidale a frequenza w produce un segnale modulato x(t) la cui banda varia tra 2w e 2kf nei casi di indice di modulazione β rispettivamente basso od alto. Una formula in grado di esprimere questo tipo di relazione è
(14.56) BC ≃ 2(kf + w) = 2w(β + 1)
nota come regola di Carson[651]  [651] J. R. Carson fu uno dei primi a studiare le tecniche di modulazione negli anni ’20, vedi ad es. http://en.wikipedia.org/wiki/John_Renshaw_Carson, in grado di tener conto di entrambi i fattori che concorrono alla determinazione della banda, e che fornisce i valori esatti[652]  [652] Nel caso di modulazione sinusoidale ad alto indice la (14.56) esprime la banda entro cui è contenuto il 98% della potenza del segnale modulato. Per indici 2 < β < 10 ne fornisce invece una stima per difetto, ed una approssimazione più corretta è BC ≃ 2w(β + 2). sia per β ≪ 1, che per β → ∞, in entrambi i casi in cui sia kf ad aumentare, o w a diminuire.
Sebbene questo risultato si riferisca al caso di m(t) = cos(2πwt), la (14.56) viene spesso adottato come una buona approssimazione anche per altri tipi di segnali modulanti, come illustrato appresso.
Modulazione multitono
Si riferisce ad un segnale fm per il quale m(t) è la combinazione di più sinusoidi a frequenza wi ed ampiezza kif. In tal caso la trattazione matematica si complica, e perviene al risultato che nel segnale modulato x(t) compaiono, oltre a componenti spettrali già analizzate e relative a ciascuna wi, centrate in f0 e spaziate da multipli di wi, anche componenti spaziate a frequenze somma e differenza delle combinazioni dei multipli delle wi. In questo caso l’occupazione di banda è approssimata riscrivendo la (14.56) come BC = 2wM(βM + 1) in cui wM = maxi{wi} è la più grande delle frequenze modulanti e βM = ΔfMwM è l’indice di modulazione equivalente per questo caso, avendo definito ΔfM = ikif come la massima deviazione della frequenza istantanea Δf.
Modulazione per segnali qualsiasi
Nel caso di un segnale modulante generico, limitato in banda tra  − W e W, e che produce da una deviazione massima della frequenza istantanea Δf = kf ⋅ max{|m(t)|}, l’occupazione di banda è approssimata riscrivendo nuovamente la regola di Carson come BC ≃ 2W(βs + 1) con βs = ΔfW.
Allargamento spettrale
L’applicazione della regola di Carson mostra che la banda occupata dal segnale modulato può risultare βs + 1 volte più estesa di quella W del segnale modulante, un comportamento del tutto nuovo rispetto a quanto avviene nel caso dell’am. Nonostante possa sembrare un aspetto negativo, al § 14.4.2 si mostra come una maggiore occupazione di banda consenta di migliorare l’snr dopo demodulazione, superando in tal modo le prestazioni ottenibili nel caso am. Al contrario, se βs≪1 il comportamento si avvicina molto a quello lineare (vedi appendice 12.4.6).

12.3.3.3 Densità spettrale per FM ad alto indice

Riprendiamo il ragionamento iniziato al § 12.3.3 e relativo a come la densità di probabilità pM(m) del segnale modulante si rifletta sulla densità di potenza Px(f) del corrispondente segnale fm nel caso di modulazione ad alto indice, ovvero qualora βs ≫ 1[653]  [653] Sinceramente non ho afferrato appieno il motivo di questa limitazione. Quel che ho trovato esprime che “ciò equivale ad avere ΔfW, e quindi comporta il rispetto di una condizione detta approssimazione quasi stazionaria” e fa riferimento ad uno studio di H.E. Rowe del 1965. La tesi è che in tal caso la frequenza istantanea varia lentamente rispetto al periodo 1W della massima frequenza modulante, e dunque il segnale modulato osservato per un breve periodo è approssimato ad una sinusoide non modulata ed a frequenza costante pari a fi(t) = f0 + kfγ in cui γ è il valore di m(t) praticamente costante nel periodo di osservazione. A me sembra che perché ciò avvenga, sia sufficiente che f0≫Δf. Ma forse lo capirò con il tempo.. In questo caso, la frazione di potenza totale Px = a22 del segnale fm che si distribuisce tra le frequenze f1 ed f2 è pari alla frazione di tempo per cui la frequenza istantanea fi(t) = f0 + kf m(t) permane nello stesso intervallo, ovvero pari alla frazione di tempo per cui il segnale modulante m(t) assume valori compresi tra m1 = f1 − f0kf e m2 = f2 − f0kf. Tale frazione è proprio pari alla probabilità di trovare m1 ≤ m(t) ≤ m2, ovvero Prob{m1 ≤ m(t) ≤ m2} = m2m1 pM(m)dm, dove pM(m) è la densità di probabilità che descrive il processo modulante.
Si può affermare dunque che qualora si generi un segnale fm ad alto indice a partire da un processo con densità di probabilità nota, lo spettro di densità di potenza del segnale modulato acquisisce l’andamento proprio della densità di probabilità del processo modulante, indipendentemente dal suo spettro di densità di potenza. Tale conclusione mantiene validità purché β≫1; nel caso contrario, sono validi i ragionamenti sviluppati al § 12.3.3.5.
Esempio  Un processo m(t) limitato in banda ± W e con con d.d.p. uniforme pM(m) = 1ΔMrectΔM(m) modula ad alto indice una portante a frequenza f0 ed ampiezza a, con un coefficiente di modulazione kf. Determinare la Px(f) del segnale modulato. R: Notiamo che la frequenza istantanea fi rimane limitata tra f0 − ΔM2kf e f0 + ΔM2kf. Inoltre, la potenza totale deve risultare ancora pari a a22. Pertanto si ottiene[654]  [654] Volendo applicare la regola di Carson per calcolare la banda, si avrebbe (considerando β≫1) BC = 2W(β + 1) ≃ 2ΔfWW = 2Δf, in cui Δf = kfΔM2. Pertanto risulta BC = 2kfΔM2 = kfΔM, in accordo al risultato previsto nel caso di modulazione ad alto indice.
Qualora si fosse invece posto β = σfW (vedi 12.3.3.4) si sarebbe ottenuto BC = 2W(β + 1) ≃ 2σfWW = 2σf = 2kfPM = 2kfΔ2M12 = 2kfΔM23 = ΔMkf3, un risultato che è circa pari a 0.58 volte quello precedente. Data le particolarità di pM(m) uniforme, in questo caso è da preferire il primo risultato.
:
Px(f) = a2Mkf[rectΔMkf(f − f0) +  rectΔMkf(f + f0)]
Esempio Nel caso in cui m(t) sia sinusoidale, con fase iniziale aleatoria a distribuzione uniforme, m(t) è una realizzazione di un processo armonico (pag. 1), e dunque per β≫1 risulterà Px(f) = a21 − (f ⁄ kf)2, con l’andamento rappresentato dalla fig. 6.12 a pag. 1, ovvero il quadrato dell’andamento a cui tendono (per β → ∞) i grafici in basso di fig. 12.30. Pertanto le righe spettrali, addensandosi, tendono a disporsi in accordo all’andamento della densità di probabilità pM(m) del processo armonico.

12.3.3.4 Indice di modulazione per processi

Nel caso in cui non sia nota la d.d.p. del processo modulante, ma solo la sua potenza, oppure qualora non sussista la condizione di alto indice βs≫1, oppure ancora non sia possibile definire il valore della massima deviazione di frequenza Δf = kf ⋅ max{|m(t)|} come ad esempio per m(t) gaussiano, allora l’occupazione di banda può ancora essere approssimata mediante un’ultima variazione della regola di Carson, che viene ora applicata dopo aver definito un indice di modulazione βp per processi come
βp =  σα     (PM) σfW     (FM)
in cui W è la banda a frequenze positive del segnale modulante, σf = kfPm rappresenta la deviazione standard della frequenza istantanea[655]  [655] Infatti, dalla definizione fi(t) = f0 + kfm(t) si ottiene che σ2f = k2fσ2M, in cui σ2M = PM se m(t) è un processo stazionario ergodico a media nulla., e σα = kφPm è la deviazione standard della fase modulante[656]  [656] Come sopra, partendo dalla relazione α(t) = kφm(t).. L’applicazione della regola di Carson con il nuovo valore di βp fornisce un risultato che non indica più la banda totale occupata, ma individua una banda efficace entro cui Px(f) è in larga parte (ma non completamente) contenuta (vedi anche 25.2).
Nel caso in cui non risulti β ≫ 1, lo spettro di potenza del segnale modulato FM torna a dipendere da quello del segnale modulante, e si ricade nella trattazione che segue.

12.3.3.5 Densità spettrale per FM a basso indice

In questo caso si suppone l’indice di modulazione β piccolo a sufficienza, in modo che lo sviluppo in serie dell’inviluppo complesso del segnale modulato possa essere arrestato ai primi termini. Sotto opportune ipotesi, si può mostrare che vale il risultato
Px(f)a2e− σ2αδ(f) + Pα(f) + 12 Pα(f) * Pα(f) + 13! Pα(f) * Pα(f) * Pα(f) + ⋯
avendo indicando con σ2α la varianza della fase modulata e con Pα(f) il relativo spettro di densità di potenza, pari rispettivamente a


Pα(f)
σ2α
PM    
k2φPm(f)    
k2φPm
FM
k2fPm(f)f2
k2f w − wPm(f)f2df
Osserviamo che se kφ (o kf) tende a zero, Px(f) si riduce ad un impulso, corrispondente alla portante non modulata. All’aumentare di kφ (o kf), aumenta anche σ2α e dunque il termine e− σ2α diminuisce, riducendo la concentrazione di potenza a frequenza portante. Dato che risulta comunque Px = a2, la potenza residua si distribuisce sugli altri termini, rappresentati da Pα(f) e delle sue autoconvoluzioni. E’ immediato notare come, al crescere di kφ (o kf), cresca la banda.
In appendice 12.4.6 è illustrata una tecnica di modulazione per segnali FM modulati a basso indice.
 Sezione 12.2: Demodulazione di ampiezza Su Capitolo 12: Modulazione (e ritorno) di segnali analogici Sezione 12.4: Appendici